CREATURA OLISTICA. L’essere umano: un tutto nel TUTTO

Inviato da Nuccio Salis

olistico

Affetti, pensieri e comportamenti sono stati tradizionalmente analizzati secondo una visione parcellare e separatista. Dai differenti approcci, basati sulla considerazione privilegiata o esclusiva di una piuttosto che dell’altra dimensione, si sono sviluppate correnti di ricerca con focus diversificati, con il risultato di suddividere l’individuo umano in compartimenti stagni, non concependo nessuna via di comunicazione fra le sue varie parti.

Per lungo tempo, le emozioni sono state studiate come la componente di base legata in special modo alle istanze primarie di ciascuno di noi, quindi in un certo senso guardate anche come forme immature del sentire, perfino, in alcuni casi, pericolose; quindi necessariamente soggette al controllo inibitorio o alla censura. Tale dualismo ha impostato una visione secondo la quale, emozione e pensiero, facessero parte di due sistemi in rotta di collisione fra loro, conflittuali e divergenti. Oltretutto, non capacitandosi dei loro rispettivi linguaggi e distinta tassonomia di bisogni, procedettero creando fratture implosive nell’individuo umano, rendendone un’entità scissa, e scossa da movimenti antitetici.

 

Tale modello disintegrato ha forse contribuito ad esaltare il senso di lacerazione fra un senso dell’Io governato secondo principi virtuosi, ed un vissuto partecipato invece da pulsioni primordiali, avvertite in contrasto con le aspirazioni etiche e le mete idealistiche dettate dalla cultura dominante. In assenza di un modello olistico, la discrasia fra queste due componenti ha ottenuto risultati infelici sul modo con cui ciascuno percepisce se stesso ed il proprio valore. Questo enorme e spendibile capitale di ricchezza interiore, infatti, è stato fatto capitolare di fronte a un paradigma sociale ed educativo che considerava disturbante e inopportuna la presenza dei motti emozionali. La contromisura che si adottò fu quella di stabilire, in via del tutto discutibile ed arbitraria, una gerarchia secondo cui, in questo paradossale rapporto di non rapporto fra emozione e pensiero, ci fosse una dimensione giusta ed una posta invece su un piano di subalterna inferiorità. La scelta, tipica di una società avvelenata dal materialismo illuminista, fu quella di far prevalere la dottrina del pensiero sui paurosi rimandi interiori avanzati dalle reazioni emozionali. Ed ecco l’individuo umano sdoppiarsi, suddividere la società in buoni e cattivi, morali ed immorali, razionali e irrazionali. Ed ecco diffondersi la repressione delle emozioni, dei sentimenti, di tutto quel mondo sommerso fatto di sogni, archetipi, misteri, oblio; ecco tutta la parte profonda rinnegata e invalidata, con forzature le cui conseguenze sono sempre state ben peggiori di ciò che è considerato male.

Dentro tale schema divisorio, dovuto ad una scienza ingenua, superficiale ed involuta, il principio del piacere diventa aberrante, incluse tutte le sue declinazioni più positive; il gioco, la sessualità e l’umorismo ne fanno subito le spese, venendo contaminati da tabù, pregiudizi e ogni genere di equivoci. Le naturali tendenze dell’essere umano, costrette al nascondimento, si sfogano in un altrove fatto di sotterfugi, ipocrisie, sensi di colpa e finanche vere e proprie perversioni. Le finalità di un controllo politico-sociale della massa sono ben più che evidenti.

La ricerca e l’approfondimento sul soggetto umano e del suo divenire, non potevano che rendere obsolete e anacronistiche queste concezioni, restituendo l’immagine primigenia dell’individuo, come una totalità sinergica di tutte le sue componenti, che lo rendono un tutto dentro il Tutto. Il recupero di una riflessione olistica si riaffaccia con rinnovata intensità, costringendo le varie scuole rivali a confrontare i loro relativi paradigmi, a comparare ed eventualmente accavallare le loro teorie in un intreccio maggiormente uniforme e complessivo. Il cascame dualistico e disarticolato, risalente a una visione frammentaria dell’essere umano, comincia a cedere il passo a vicendevoli contaminazioni fra i diversi approcci. E così, pensiero ed emozione non sono più nemici, ma addirittura possibili alleati, possono capirsi, parlarsi e mediare le loro reciproche tensioni. Pensiero e comportamento si integrano in una spirale di interdipendenza, secondo cui uno influenza l’altro. Psiche e corpo recuperano un territorio comune di confronto fatto di semantiche del profondo e di una lettura finalmente complessa e completa della realtà interiore, in relazione a quella percepita dall’esterno.

Nuovi modelli di intervento, anche in luogo di intervento clinico, sono studiati e messi a punto per soddisfare la globalità del sistema-uomo.

Pensiero, emozione e comportamento, affrancati da una visione isolata, rigida e unilaterale, riguadagnano la loro dinamicità e suscitano l’interesse all’interno di processi che diventano: Sentire, riflettere, agire.

La focalizzazione subisce un’estensione di notevole portata, dando la possibilità anche ad ogni operatore dell’aiuto di non sentirsi ogni volta in balia di scelte unidirezionali, del tipo “cosa scelgo di rimandare o mettere in evidenza, i contenuti o i sentimenti?” Ma l’uomo non è fatto o di contenuti o di sentimenti, semmai e di contenuti e di sentimenti, perciò, al di la delle tecniche di riformulazione utilizzate di volta in volta a seconda di giusti e collaudati principi, quel che conta è di non perdere mai di vista la totalità espressiva per mezzo di cui ciascuno di noi si sostanzia e si manifesta. L’attenzione sui processi, e non solo sulle strutture, rappresenta una nuova possibile strategia di intervento che fa capo ad una riabilitazione della persona umana, in termini di un inquadramento filosofico ed antropologico. Forse un modo maturo di procedere realmente centrati sulla persona.

Sentire, riflettere, agire, sostituiscono la visione elementare delle singole aree da indagare, per conferire attribuzioni di più elevato valore e significato al senso dell’esistenza di ciascun individuo, sia come soggetto bastevole a se stesso che come umano introiettato su un piano di realtà che richiede la creazione di legami interpersonali salienti e costruttivi. Potrebbe essere questo il punto di inizio per sollecitare l’azione umana secondo un orizzonte di responsabilità etica a ricaduta comunitaria.

Questo cambio di prospettiva, insomma, pare assai più convincente rispetto a quello schematico più retrodatato. Tale approccio risulta influente per una nuova ottica dell’individuo umano, e per rimodellare lo stesso dentro una cornice di armonia totale e totalizzante.

Concepire se stessi nella globalità , dopotutto, è importante per il proprio equilibrio, e per riproporsi di volta in volta in una vita che chiede di essere affrontata con tutte le sue continue e dinamiche fluttuazioni.

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