Dipendenze e perdita

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Viviamo nell’epoca delle dipendenze: droghe, alcool, sesso, gioco d’azzardo, alimenti, internet ecc.ecc.. Un tempo le avrebbero definite vizi. In teoria possiamo essere dipendenti da tutto, anche dalle credenze (non si spiegherebbe altrimenti il successo delle sette pseudo religiose). C’è ovviamente uno spartiacque tra dipendenza buona (es. il neonato dipendente dall’amore materno) e dipendenza cattiva (quella che danneggia le persone nel fisico e nello spirito), tra abitudine ed ossessione. Per ogni dipendenza esistono servizi o centri superspecializzati di diagnosi e cura che generalmente si pongono quali obiettivi la presa di coscienza di malattia e la necessità di affidarsi a professionisti od esperti del settore. Sembrano più che altro operazioni di marketing. Il problema sta a monte, nella cultura, nell’organizzazione politico-sociale, nella povertà di ideali e valori.

Si dovrebbe porre mano qui piuttosto che riparare danni ormai consolidati. Occorre ripensare il nostro modo di vivere, troppo orientato ai beni di consumo, all’esaudimento immediato dei desideri. Stimolare meditazione e silenzio come prassi scolastica quotidiana è un utile esercizio piuttosto che istituire corsi cosiddetti di prevenzione. Nella meditazione siamo presenti solo noi stessi.Occorre avere il coraggio di andare controcorrente, come suggerito da Papa Francesco. E’ difficile ma necessario. Le brutte abitudini si instaurano laddove finiscono il senso del sacrifico e la rinuncia a perseguire un ideale. La rincorsa al carpe diem ci riduce alla nostra animalità, lasciandoci preda delle spinte istintuali e che conducono alla noia esistenziale e appunto alle dipendenze. Infilarsi in una dipendenza equivale al carcere del nostro spirito, della nostra capacità di essere riconosciuti e vicerversa. Dipendenza è solo perdita, di sè e degli altri. E' la perenne ed  illusoria idea che sia possibile controllare la sostanza perdendo noi stessi. 

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