Domande e risposte

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C’è sempre un’ultima domanda alla quale non sappiamo dare risposta. Non mi riferisco a quelle domande la cui soluzione implica una conoscenza non acquisita, ma quelle che fanno emergere il limite dell’essere umano. Non necessariamente occorre dare una risposta, ma è importante tendere verso un “andare oltre” perché in tale tensione si nasconde probabilmente la vera energia propulsiva delle Persone. Se pongo la domanda su cosa ci sia dopo la morte e cosa resti del nostro pensiero posso ottenere le più svariate risposte ma nessuna sarà dimostrabile e si scontrerà inevitabilmente col limite della nostra razionalità e capacità immaginativa. Si sconfina dunque nel campo delle teorie, delle credenze e delle fedi. Un credente che si chieda ad esempio da dove provenga Dio, che risposta può concedersi? Ma pure l’ateo che ritiene non concepibile l’esistenza divina che risposta può dare sulla genesi dell’universo? Semplice fortuita mescolanza di gas e molecole? Se osserviamo le persone riesce difficile pensare che possano semplicemente essere il compiuto di meccanismi fortuiti chimico-molecolari. Siamo troppo complessi e finalizzati se pur imperfetti e labili. Anche nel counseling quotidiano spesso incontriamo domande che non avranno mai risposta. Porsi le domande è facile, c’è sempre un perché in tutte le cose. Le risposte a volte restano solo interpretazioni, vaghe approssimazioni di una realtà che ci sfugge ma che sappiamo esistere. La realtà non coincide sempre con quel che vediamo o che crediamo di vedere. Un paziente con elettroencefalogramma piatto siamo certi che sia isolato dal mondo circostante e che non abbia pensieri? La morte cerebrale è la stessa cosa della morte che arresta ogni funzione?

Si odono solo le domande alle quali si è in condizione di trovare una risposta” diceva Friedrich Nietzsche a sottolineare che le persone molte volte cercano di evitare le domande se non riescono ad immaginare una risposta. Porsi interrogativi di senso è una delle più alte capacità umane e, come ci insegna Freud, l’evitamento crea futuri problemi. Sollecitare i pazienti a porsi domande è un aspetto positivo ma le risposte, al di là della clinica, possono risultarci incomprensibili, divergenti dalla nostra visione della realtà, in qualche modo distorte. In ogni caso non siamo noi a dover esaudire una domanda, se non quella d’aiuto. In medicina molte patologie non hanno una causa conosciuta e le ipotesi eziologiche sono molteplici, spesso seguono la moda del momento. Così si è data a suo tempo la responsabilità al sistema immunitario, alla genetica ecc., però i pazienti si chiedono il perché sia capitata loro una determinata malattia che ha magari risparmiato altri che hanno un identico stile di vita. Che risposta diamo? La sfortuna? Un disegno che non possiamo comprendere? Il destino? Potremmo dire che una risposta vale l’altra?

Probabilmente l’unica vera risposta che l’uomo si è dato, è che laddove non siamo capaci di capire o di immaginare risposte possiamo solo accettare.

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