Il counseling ...dalla A alla Zeta: B


counseling b

Il counseling ...dalla A alla Zeta: B

 

 

               Per connotare il counseling e darne una immagine consona alle innumerevoli forme di aiuto che può rappresentare per ciascuno di noi, in attesa di ulteriori graditi contributi dei lettori, proseguiamo con alcuni spunti e incursioni nell’ordine alfabetico

 

Counseling come: B

 

bagaglio: certamente culturale del counselor ed anche l’insieme delle esperienze pregresse e attuali della persona che chiede aiuto, un mondo tutto da ri-visitare per meglio comprendersi

 

bambino: tutta l’emotività, l’audacia, l’irrazionalità del bambino che è in noi riconosciuta accettata e integrata nella propria dimensione squisitamente individuale. Il Bambino –libero o adattato, come l’Analisi Transazionale ci suggerisce- è la dimensione che permane in noi adulti di quello stato libero e naturale che ci è proprio alla nascita, e tuttavia capace di esternare i suoi sentimenti in piena libertà solo se e nel caso in cui l'azione educativa del "Genitore" sarà stata ferma e dolce ad un tempo, così da rendere accettabili i condizionamenti di regole, norme e ambiente. Al counselor è affidato il compito non solo di accettare il Bambino che ha in sé, bensì di aiutare il cliente a ri-scoprire la sua dimensione di Bambino per ri-acquisire forme di libertà che possono essere state bloccate da un intervento genitoriale eccessivamente critico

 

 

base sicura: la definizione ci riporta certamente a John Bowlby e all’attenzione di molti altri studiosi per la crescita equilibrata del bambino, che inizia persino prima della nascita. È la base di cui il bimbo ha bisogno, che il bimbo trova nella figura di accudimento e che chi sta vivendo un momento di confusione deve poter trovare nella figura del counselor, accogliente comunque e talvolta valido interprete del ruolo di genitore, purché limitato nel tempo, mentre aiuta il cliente nell’esplorazione di sé

 

bellezza: che sia dell’anima, di un tramonto, di un sorriso, di una forma d’arte, è ciò che può nutrire la nostra emotività e può restituirci una profonda sensazione di pace anche con noi stessi. Il percorso di counseling aiuta a ri-scoprire quanto di bello non siamo più in grado neppure di vedere, percepire, sentire e che pure è presente, è qui davanti e tutt’intorno a noi

 

benessere: certamente interiore, psico-fisico momentaneo, vissuto già dopo i primi momenti durante il primo colloquio di fronte al counselor perché ci sentiamo finalmente ascoltati e benessere permanente, che ogni giorno, ad ogni ora siamo in grado di rinnovare a percorso di counseling concluso, aiutandoci solo inizialmente con strategie efficaci e di immediato successo –purché vissute con convinzione- suggerite e già sperimentate dalla Programmazione Neurolinguistica

 

bisogni: una lunga lunghissima lista non basterebbe ad enunciarli tutti e ciascuno di noi ne avrebbe sempre un altro da aggiungere. Si possono soddisfare? Tutti? Solo alcuni? Il nodo vero della questione è altrove: riconoscerli e consapevolizzarli (a questo può servire l’invito del counselor a scriverne la nostra personalissima lista), per...renderci capaci anche di allontanarcene se disfunzionali, e comunque per  analizzarli in dettaglio, con cura trasporto e distacco, con angolazioni e punti di osservazioni diversi e... saremo liberi, perché tali ci sentiremo

 

breve: il percorso di counseling –qualunque sia l’approccio scelto dal counselor, più connaturato alla sua formazione, alle sue abilità e competenze, o più idoneo al cliente- è un percorso breve in quanto tratta episodi momentanei  di difficoltà, dai quali è possibile uscire con soluzioni concrete e verificabili, attingendo alle risorse stesse della persona che chiede aiuto, nascoste non percepite e tuttavia presenti

 

cordialissimamente

Giancarla Mandozzi

 

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