Sono mamma di una bimba di 22 mesi che allatto a richiesta.
Prima della gravidanza l’allattamento era per me un argomento ‘extraterrestre’: nel mio immaginario i bambini nascevano corredati di ciuccio e biberon e l’allattamento al seno era riservato agli altri mammiferi.
In gravidanza però ho iniziato ad informarmi su parto e post parto e (sorpresa!!!), ho scoperto che anche le mamme umane sono in grado di allattare, ed anche per molto tempo.
Dopo alcune letture, in primis “Bebè a costo zero”di Giorgia Cozza e “E se poi prende il vizio”di Alessandra Bortolotti, ho sentito nascere in me una profonda curiosità per il tema dell’allattamento, anche se non specificamente trattato nei testi sopraccitati.
Sono arrivate poi letture più specifiche quali “Un dono per tutta la vita”di Carlos Gonzalez e “Tutte le mamme hanno il latte” di Paola Negri.
Entusiasmata da queste scoperte ho deciso che avrei per lo meno provato ad allattare.
Nonostante tutte le difficoltà raccontatemi dalle donne che conosco, devo ammettere di essere riuscita a farlo senza grossi problemi da un punto di vista fisico, certo con qualche piccolo errore all’inizio che mi ha causato qualche disagio fisico (ragadi e mastiti), ma sempre più consapevole di avere tutte le carte in regola per svolgere questo meraviglioso compito che la natura mi ha regalato.
Nonostante non abbia trovato grosse difficoltà pratiche nell’allattare, i disagi emotivi non hanno tardato a farsi sentire: dalla stanchezza e dal dolore iniziale nascevano spesso un pesante sconforto, la paura di non essere all’altezza del compito, il carico della grande responsabilità di essere l’unica persona in grado di nutrire la mia bambina, la paura di poter mancare e non darle la mia presenza che mi appariva sempre indispensabile ed anche il peso della rinuncia agli spazi personali, quali momenti di amata solitudine o svago che ero solita concedermi.
I primi due mesi di notti insonni, passate a camminare per la stanza con la bimba in braccio e piangendo dalla stanchezza e dal dolore sono stati terribili e solo una immensa testardaggine, legata a carenze personali (nata pretermine, venti giorni di incubatrice senza la possibilità di avvicinarmi alla mamma, non allattata al seno perché attaccata troppo tardi), mi hanno spinta a continuare.
Non credo che ciò sia giusto: allattare non deve essere una sfida o una missione, deve essere un piacere, una scelta libera da condizionamenti e sensi di colpa.
Fortunatamente, il sostegno di mio marito e la comprensione delle nonne, nonostante non avessero allattato i propri figli (anche loro figlie dei primi cambiamenti di alimentazione dei neonati), la convinzione di fare una cosa giusta ( a me negata), per la mia bimba e la forza acquisita in anni di lavoro su me stessa, tra cui i tre anni di counseling, mi hanno permesso di guardarmi dentro e mi hanno insegnato come accedere alle mie risorse, permettendomi di trovare le forze per affrontare il compito con un’energia positiva, non derivante dal senso di abbandono e tristezza legati al mio vissuto personale.
Aiutata da una grande forza interiore e dopo aver accettato ed interiorizzato le mie personali lacune, ho proseguito nel mio intento, arrivando a scoprire quale meraviglia può essere, per una donna che lo desideri, allattare il proprio cucciolo, rispettando il proprio naturale ruolo di nutrice.
Quanta gioia mi ha dato e quanta consapevolezza del grosso dono e potere che abbiamo noi donne, e con grande soddisfazione della mia autostima.
La mia esperienza personale è stata molto positiva e continuerò ad allattare finché la bimba lo vorrà.
Intorno a me tuttavia c’è un mondo di donne che dichiarano di voler allattare, ma non lo fanno: perché non riescono, perché è doloroso, perché non hanno latte.
La maggior parte delle mie amiche e conoscenti ha allattato per pochi giorni o settimane, o addirittura non ha allattato affatto.
Che cosa è successo?
Perché sembra così difficile mettere in atto un comportamento che dovrebbe essere tanto naturale?
Perché è necessario consultare degli specialisti per fare ciò per cui Madre Natura ci ha predisposte?
Incuriosita da questi interrogativi ho iniziato a leggere libri sull’argomento e fin dalle prime letture( sopraccitate), è emersa una scarsissima conoscenza, da parte delle donne, delle proprie capacità e potenzialità, ed una bassissima autostima per quanto riguarda le personali competenze di accudimento del proprio cucciolo: il modo di prendersi cura del neonato è dettato dagli esperti, cui le neomamme troppo spesso si sottomettono acriticamente.
Emerge purtroppo, soprattutto parlando con le giovani mamme, una forte solitudine: il marito e le amiche lavorano, i genitori spesso non sono vicini come si vorrebbe, oppure non condividono le modalità agite verso il bebè, creando ulteriore ansia e confusione.
Le istituzioni forniscono poco sostegno ed i luoghi di incontro per le neomamme sono praticamente inesistenti.
A questo si aggiunge la mancanza di modelli di riferimento che possano aiutare a scoprire come gestire il neonato, come allattarlo, come tranquillizzarlo quando piange e come gestire i piccoli problemi della vita quotidiana: spesso una neomamma fatica a trovare il tempo per mangiare o per farsi una doccia.
Come non desiderare di unire le mie personali esperienze di counseling ed allattamento al fine di organizzare una parte della mia futura attività al servizio di questo cruciale periodo della vita di madri e bambini?
Non ho dubbi sul fatto che il counseling possa essere un’ottima risorsa per aiutare le donne in difficoltà a ritrovare dentro di sé queste capacità naturali che sono semplicemente (!) inascoltate.
L'allattamento materno è il processo con il quale una femmina di mammiferonutre il proprio cucciolo dalla nascita, e durante il primo periodo di vita, attraverso la produzione e l'emissione del latte materno dalla mammella(lattazione), grazie alla suzione diretta, da parte del cucciolo, dal capezzolo della madre.
Questa pratica risulta essere il modo naturale per nutrire e accudire il figlio nel periodo iniziale di vita ed è una delle caratteristiche fondamentali di tutti i mammiferi, fra i quali l’ Homo sapiens.
Qualcosa però, ad un certo punto, per gli esseri umani, è cambiato:
nelle società più civilizzate, allattare è considerato un comportamento primitivo, associato alle popolazioni più povere del mondo ed agli altri animali.
Ad oggi purtroppo sono ancora poche le donne che riescono ad ascoltarsi tanto da portare avanti tale compito assegnato loro da Madre Natura ed è triste affermare che l’allattamento non è più un gesto spontaneo e naturale, ma è diventato un’attività condizionata dalla cultura di riferimento.
Il counseling è un’arte, come la vita.
Un’arte che danza con i colori dell’anima, un’arte che ama gli esseri umani e le sfumature della loro personalità.
Un’arte che introduce, e conduce, le persone a se stesse.
Il counselor aiuta le persone a ridipingere la loro realtà con colori più armonici, con sfumature più ricche e varie, con pennelli nuovi.
L’intervento di counseling può essere un validissimo sostegno alle neomamme nel periodo del puerperio.
Un periodo di novità, disagi e travolgenti emozioni.
Non c’è da spaventarsi di fronte alla necessità di chiedere aiuto.
Siamo animali sociali troppo spesso abbandonati a noi stessi.
Permettiamo ad altri di darci una mano e concediamoci una vita più serena.
Valentina Cantù
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