Ripulire la nostra mente dai condizionamenti

Inviato da

teoria pavlovOgni essere umano, nel suo percorso di crescita, "eredita" inevitabilmente il linguaggio, le credenze, i valori, le regole e i ruoli tipici del proprio popolo, della propria famiglia e del gruppo sociale di appartenenza; in altri termini, apprende il loro modo di vedere la realtà e di vivere la propria vita. Questo processo di inculturazione e socializzazione è essenziale per rassicurarci, da bambini, e per consentirci di orientarci nel mondo e divenire membri riconosciuti della società, ma c'è un prezzo da pagare: quanto più introiettiamo questa eredità culturale, tanto più ci abituiamo a vedere la realtà solo ed esclusivamente attraverso certe lenti preconfezionate e a ragionare secondo determinati schemi mentali.

La nostra mente in effetti è per certi versi simile a un computer, programmato in larga misura da altre persone, dai nostri genitori, dalla scuola, dai libri, dai mass media. Certo, vi entra anche un po' della nostra esperienza diretta, ma è poca cosa: non più del 5-10 per cento di ciò che sappiamo e crediamo vero deriva dalla nostra esperienza personale, tutto il resto è qualcosa che abbiamo letto su libri o giornali, che abbiamo visto e udito al cinema o alla televisione, che ci hanno detto i nostri genitori e insegnanti, che abbiamo questo processo di apprendimento "dagli altri" presenta importanti vantaggi, perché ci consente di velocizzare il nostro orientamento nel mondo senza che ogni generazione debba ripartire dall'età della pietra ma possa anzi progredire ergendosi sulle spalle di coloro che l'hanno preceduta.

Tuttavia, quegli stessi schemi che ci aiutano in un primo tempo a comprendere il mondo possono diventare col tempo un ostacolo formidabile alla nostra crescita individuale e collettiva se non si evolvono fluidamente: è quello che è avvenuto alla nostra civiltà, e a ogni altra civiltà. Ogni civiltà, una volta raggiunto un certo grado di organizzazione sociale tende infatti ad irrigidirsi su se stessa, in uno strenuo mantenimento di principi, credenze, valori che un tempo erano nuovi e funzionali ma che poi, non evolvendosi, divengono sempre più anacronistici. Questo fenomeno è spiegabile sociologicamente con la tendenza conservatrice di gruppi e classi dominanti a mantenere il potere e lo statu quo, ma è evidente che c'è anche una dimensione individuale da tenere di conto. Certo, una qualche stabilità nella struttura percettiva, un qualche ordine o schema mentale è utile, spesso indispensabile per non perdersi in un mare di input sensoriali. Il problema è che gran parte degli schemi, credenze, valori di una società vengono perpetuati a prescindere dalla loro effettiva validità, talvolta per ignoranza o superstizione, più spesso per altri e non sempre edificanti motivi.

Ancora oggi, varcata la soglia del duemila, ci portiamo dentro modi di pensare vecchi di secoli o millenni, con conseguenze tutt'altro che benefiche sia sul piano collettivo che su quello individuale. E soprattutto, ci portiamo dentro l'illusione di fondo che le nostre idee, valori, credenze siano davvero nostre, mentre invece sono in gran parte il frutto dei condizionamenti ricevuti, della inculturazione subita. Se vogliamo sviluppare davvero la nostra individualità e realizzare noi stessi, il primo passo da compiere, è quello di uscire dal gregge, disidentificandoci da ciò che non è nostro, dalle idee, credenze, valori, schemi mentali e comportamentali che abbiamo ereditato passivamente; solo così possiamo scoprire chi siamo veramente e iniziare a vivere una vita realmente nostra. Anche l'identità il senso di se stesso che l'individuo va formandosi nel suo percorso di crescita risente di questo processo di condizionamento sociale del pensiero e di distorsione dei bisogni, e una delle sue conseguenze più nefaste di questo stato di cose è il nascere, nelle persone, di una sorta di "falsa identità", cioè una idea di se stessi che non corrisponde al vero, all'essenza profonda e alla unicità insite in ognuno di noi ma che deriva piuttosto da maschere e modelli ai quali la società ci induce a conformarci.

E la società è impersonata in primo luogo dai nostri genitori e parenti, dagli insegnanti, dai preti, dagli amici, che ci influenzano talvolta per manipolarci, ispirati dalle migliori intenzioni, semplicemente ripetendo inconsapevolmente quegli stessi "errori" di cui sono stati in passato a loro volta vittime. Oltre a tali persone, con cui ci rapportiamo direttamente, ve ne sono anche altre che, pur non essendo così vicine a noi, risultano alla fine non meno influenti, anch'esse in modi talvolta in intenzionali, a volte voluti e subdoli: l'eroe di un cartoon o di un fumetto, il protagonista di un film, i personaggi di un libro, il giornalista di un quotidiano o di un TG e così via.

E quanta carta stampata, quanto cinema, quanta TV nella vita di ognuno di noi! La scuola svolge, come è ovvio, un ruolo centrale nel trasmettere la cultura e il sapere e anche nel formare l'identità di ognuno di noi. Purtroppo, come abbiamo visto, ciò che la nostra scuola chiama "educazione" è semmai una inducazione, cioè un iniettare nell'individuo credenze, valori, norme morali che influiranno potentemente sulla personalità e sul senso di sé, vale a dire sul centro pulsante della psiche.

Lungi dallo stimolare la consapevolezza e l'apertura mentale degli individui, la scuola ha finora per lo più teso ad uniformarli e a fornirgli conoscenze e giudizi preconfezionati invece di insegnargli a utilizzare le capacità conoscitive e di giudizio autonomo proprie di ogni essere umano. E' così che pian piano si viene a perdere la curiosità e la fresca ingenuità dell'infanzia quando niente era scontato, tutto era nuovo e magico e ci si adagia nella rassicurante certezza delle etichette, delle definizioni, delle abitudini, diminuendo la nostra capacità di entrare in contatto diretto col mondo e riducendo anche la nostra autonomia e creatività.

E' vero che qualcosa è cambiato in questi ultimi decenni, ma è ancora troppo poco, e spesso più nell'apparenza che nella sostanza. Spostandoci dalla scuola ai mass media il discorso non è purtroppo migliore. Noi siamo ciò che ingeriamo e questo vale non solo per il cibo, ma anche e soprattutto per le idee, le parole, i simboli, le immagini, le storie con cui nutriamo la nostra mente, e finora l'offerta culturale dei media è stata protesa alla quantità più che alla qualità, ad un consumismo superficiale e materialistico i cui ingredienti base vanno dalla violenza al denaro, dalla sessualità morbosa al potere, dalla competizione selvaggia al dominio e via dicendo. Insomma, più che risvegliare le coscienze i media tendono, come la scuola, ad addormentarle o a lasciarle dormire.

Potrebbero interessarti ...