La Pedagogia Olistica tra Terapia e Coscienza


ImageIn quest’ultimi anni si percepisce in maniera accentuata l’impulso di una forte corrente innovativa. Il livello d’autoresponsabilità d’ogni individuo sta evolvendo verso un crescendo coscienziale mai sperimentato prima, quasi fossimo percorsi da un’onda gigantesca d’esperienza unificante e unificatrice.
Di contro emergono in maniera più evidente le stonature del vecchio mondo: sembra ci sia una parte della società che si spinge verso nuovi complessi sapenziali a discapito di un’altra parte che cerca ancora di mantenere invariati i vecchi valori, le credenze, i sistemi e i paradigmi.
Uno dei maggiori aspetti dove si verifica tale avvio è il campo delle relazioni umane e in particolare dei rapporti terapeutici.


Negli albori dell’umanità, non a tutti era data la possibilità di eseguire le guarigioni, se tornassimo indietro nel tempo sino ad arrivare all’orda primitiva, vedremmo l’essere umano in uno stato in cui non conosceva neppure la malattia. Vivendo allo stato selvaggio, egli non percepiva la spaccatura tra lui e il mondo. Lui stesso rappresentava il mondo esterno, poiché non era ancora differenziato come centro individuale di coscienza, o se si preferisce come “io” il suo esistere era in perfetta armonia con la natura, col mondo con le cose. Essendo la natura perfetta per “sua natura” l’uomo viveva perennemente in uno stato di perfezione: il “paradiso”.

Allontanandosi da tale stato, con la “caduta” l’uomo incomincia a sperimentare se stesso come individuo cosciente e conseguentemente “il non io” in pratica: il mondo di fronte a lui.
Comincia a pensarsi come cosa altra rispetto al mondo: “adesso il mondo è fuori, di là, e questo mondo, se non è funzionale alle proprie esigenze, lo può modificare a suo piacimento”.
In questo spazio venutosi a creare tra l’io e il Mondo nasce la possibilità della disarmonia, intesa come perdita d’aderenza ai principi universali, alle forze cosmiche alle leggi del piano evolutivo. Tale dissonanza, nel campo della corporeità si sperimenta come malattia.
Giacché inizia ad esistere uno squilibrio, contemporaneamente nasce l’esigenza di ripristinare l’equilibrio perduto. Il problema fondamentale riguarda quindi il rapporto tra l’uomo e la natura: come e cosa fare per ritrovare l’armonia perduta?

Ovviamente si è manifestato un gran passo in avanti nella qualità di vita, del benessere psichico e delle funzionalità fisiologiche; Tuttavia quest’intricato modello rimane ancora invariato alla radice. Il soggetto è a tutto oggi sottomesso e considerato un tranquillo paziente nell’attesa di essere operato, accomodato e regolato da forze esterne con le quali lui non n’è assolutamente in contatto.
Fortunatamente questa vena deresponsabilizzante sta incominciando a seccare, i nuovi nati sono stanchi di essere agiti, operati e gestiti da terze persone, si sta riscoprendo il gusto di una nuova coscienza che nasce da una compartecipazione al proprio processo di guarigione, non basta più allontanarsi dal problema, o meglio allontanare il problema, sorge l’esigenza d’essere partecipi al flusso stesso della vita nelle sue svariate manifestazioni di piacere/sofferenza e gioia/dolore. Impedire l’individuazione e l’esplorazione di una di queste polarità impedisce l’accesso alla coscienza, poiché se ne vive solo una parte. La restante parte si percepisce come vuoto esistenziale o “peccato originale” inteso appunto come errore sostanziale. In realtà il vero peccato è considerarsi individui monchi, figli orfani e manchevoli di uno stato di natura perduto.

I meritati successi della chirurgia, e le scoperte rivoluzionarie dell’ingegneria medica contemporanea, seguono purtroppo una filosofia fondamentale retrograda ed antagonista, altamente deresponsabilizzante e sbrigativa. L’esaltazione per lo stato d’emergenza non fa altro che tenerci tutta la vita in allarme, spaventati e sottoposti. Sarebbe interessante portare energia/attenzione su nuove filosofie terapeutiche per trasformare il “soggetto paziente” incompetente e incosciente in un musicista capace di intonare la propria melodia ed esprimerla attraverso uno strumento nelle proprie mani: il terapeuta, quale strumento messo al servizio della persona.
Il terapeuta diventa quel flauto capace di rendere udibili le note musicali soffiate da un esecutore esclusivo: il soggetto, unico responsabile della propria vita. Unico come lo siamo tutti nella nostra irriducibile diversità.

Se è vero che l’energia segue il pensiero, sarebbe veramente bello pensare che siamo noi gli unici responsabili della nostra attuale condizione. Se è vero che il caso non esiste, siamo proprio noi a causare questa o quella determinata situazione, ed è altrettanto vero che possiamo essere noi stessi a modificarla a nostro piacimento. Se noi diventiamo padroni della nostra volontà, non abbiamo bisogno d’intermediari, di fratelli maggiori che ci devono ancora dire cosa dobbiamo fare e in che modo. Non abbiamo più bisogno d’intermediari per sentire la voce di Dio. Non abbiamo bisogno di Dio perchè lo siamo. Se è vero che “Tutto è Uno” non esiste distinzione e limite tra creatura e creatore se noi siamo creatori di noi stessi, possiamo assumerci la responsabilità di quello che ci accade, possiamo accettarlo, cambiarlo in qualsiasi momento. Scoprire come le paure che fino ad ora ci hanno limitato sono parte della stessa energia che origina la sofferenza intesa come impossibilità ad accettare il cambiamento.

La crescita è una trasformazione continua, è il superamento dei propri limiti. Una terapia deresponsabilizzante non fa altro che impedire la crescita dell’individuo e quindi della società, possiamo stare meno male ma non potremmo stare mai bene. Ci mancherà sempre una parte di noi, il nostro autentico potere personale, la nostra autonomia, la coscienza di essere noi stessi artefici della nostra vita. Da soli è veramente difficile andare contro questa condotta consolidata, il potere della paura diffuso e condiviso è ancora molto presente, tuttavia ognuno di noi nel suo piccolo può incominciare a fare delle scelte consapevoli scegliendo, la dove è possibile, un impianto terapeutico che dia dignità e sovranità alla persona, ed invece, quando si è costretti a sottomettersi a dei trattamenti esterni, chiedersi come mai ci si trova in quella delimitata circostanza, quali sono state le cause, i principi scatenanti consci ed incosci che ci hanno obbligato in quella specifica condizione.
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