La rabbia

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donna arrabbiataLe persone si arrabbiano durante il counseling relazionale. Eccome! L'ira può fare paura o essere difficile da gestire, ma nel giusto contesto, la sua espressione può condurre a significativi cambiamenti in una relazione. La rabbia può rendere più viva una relazione, generando, calore e facendo superare la soffocante influenza di un'eccessiva razionalità. Può fungere da propulsore, in virtù della sua capacità di mettere in evidenza discordanze che una calma riflessione potrebbe essersi lasciata sfuggire per anni. Infine, l'ira espressa senza rifiuto può essere una forma di impegno; essa porta caos nella relazione e con il caos giunge l'opportunità di riorganizzare.

La rabbia ha anche un'altra faccia: può diventare un'abitudine, in un modo stereotipato di relazionarsi, che può lasciare uno o più componenti della famiglia bloccati nel triste rimuginare delle loro ferite o renderli soggetti a preoccupanti esplosioni.

A una persona abitualmente collerica fa generalmente da contraltare un'altra chiusa in se stessa, passivo - aggressiva, che compie delle azioni segretamente (è il caso, ad esempio di chi ha una relazione con un amante).

Due persone colleriche, invece, sono entrambe sole e immerse in un circolo vizioso fatto di accuse e difese. Nell'espressione della rabbia, la presenza del counselor è importante. Egli fornisce a essa un contesto, la puntualizza e le attribuisce un significato.

Non si tratta semplicemente di rabbia, ma di una rabbia espressa nello studio del counselor. il counselor dialoga con la persona arrabbiata così come con il partner di quella persona. Egli può, talvolta, distogliere la sua l'attenzione per porla su di un, altro componente della famiglia, chiedendogli, ad esempio, di formulare un commento sulla collera che si sta manifestando. Non è una rabbia che esplode e viene buttata fuori attraverso un monologo; si tratta, invece, di una rabbia sulla quale si riflette e ci si interroga. Il counselor può domandare quale sia il significato di questa ira che viene espressa nel suo studio e alla presenza di qualcuno che non è un componente della famiglia.

Tutti sono incoraggiati a prendere parte alla ricerca di una risposta a questo interrogativo. Il counselor non accetta l'ira come fine a se stessa, ma come un elemento che porta all'apprendimento e alla relazione. Nella terapia della famiglia, il linguaggio statico, cioè il definire le persone come realtà immobili, cede il passo al linguaggio processuale, che descrive le azioni e le reazioni così come vengono vissute. Il counselor, senza togliere alla persona il diritto di vivere ed esprimere i suoi sentimenti, esercita il diritto di essere ascoltato, quello di rispondere, e quello di non dover fingere che la persona arrabbiata sia l'unica presente.

 

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