La relazione di counseling in analisi transazionale


counseling analisi transazionalePremessa

Di seguito illustro la mia concezione della relazione di counseling, e il suo rapporto con alcuni concetti dell’Analisi Transazionale, che guidano il mio lavoro come counselor: un rapporto reciproco orientato al cambiamento come “co-costruzione” contrattuale, informata dal “doppio OK” e facilitata dalle cosiddette “tre P”, -Protezione, Permesso e Potenza- focalizzate sulla relazione.

Il riferimento di partenza è la definizione di counseling dell’EATA (Associazione Europea di Analisi Transazionale):

"Il counselling analitico transazionale è una attività professionale all’interno di una relazione contrattuale. Il processo di counselling permette ai clienti o ai sistemi di clienti di sviluppare consapevolezze, opzioni e capacità di gestione dei problemi e dello sviluppo personale nella vita quotidiana, attraverso l’accrescere dei propri punti di forze e risorse. L’obbiettivo è quello di accrescere l’autonomia in relazione al proprio ambiente sociale, professionale e culturale. Il campo del counselling è scelto da quei professionisti che lavorano in ambiti sociopsicologici e culturali. Alcuni esempi tra gli altri sono: assistenza sociale, sanità, lavoro pastorale, prevenzione, mediazione, facilitazione di processo, lavoro multiculturale e attività umanitarie" (EATA, 1995).

La relazione di counseling è un processo di cambiamento in cui sia il counselor che il cliente si danno sia il Permesso che il Potere di lavorare insieme nei modi e per gli obiettivi che si sono dati, e che sono definiti dal contratto: questo permette di definire i confini del lavoro di counseling, dando in tal modo Protezione a entrambi e alla relazione. Tutto ciò è reso possibile da una visione di counselor e cliente come persone che “vanno bene”, ovvero dal “doppio OK”, punto di partenza per il lavoro del counselor Analista Transazionale.

 

 

  1. L’OKness

L’Analisi Transazionale fa riferimento all’assunto che “ognuno di noi, a prescindere dal nostro stile di comportamento, ha un nucleo di fondo che è degno di essere amato, e che ha la potenzialità e il desiderio di crescita e di autorealizzazione”1 .

L’OKness è, in primo luogo, il punto di partenza nell’approccio alla persona che ci sta davanti, sia per quanto riguarda l’altro che il counselor. Solo in un momento successivo diventa un obiettivo del lavoro, ovvero favorire nella persona il raggiungimento e il mantenimento della posizione di “doppio OK”. L’elemento che rende possibile questo è il dato esistenziale, fondante della persona, il “nucleo di fondo” che alimenta il desiderio di cambiamento e la potenzialità di operarlo, su cui possiamo far leva insieme.

Per il counselor Analista Transazionale è fondamentale averlo riconosciuto in se stesso nel proprio percorso di crescita, ed è ciò che lo guida anche nell’approccio all’altro; fornire riconoscimenti alla persona ogni volta che emerge, gli consente inoltre di rendere efficaci gli interventi che opera, che altrimenti resterebbero pure tecniche; far leva sul desiderio e la potenzialità al cambiamento, anche quando inizialmente nascosti, rende possibile al counselor e al proprio cliente costruire insieme il “contratto”.

 

  1. Primo contatto e primo colloquio

Il primo contatto e il primo colloquio sono un momento fondamentale di tutto il percorso di counseling.

Nell’affrontare il primo colloquio, vanno tenuti presenti una serie di aspetti, sia di tipo teorico,-quali elementi tener presente- , che di gestione –quali strumenti/interventi mettere in atto-.

Riprendendo quanto evidenziato dalla Levin2, che ha approfondito l’aspetto evolutivo in A.T., il primo colloquio è un momento di “nascita “rispetto alla relazione, sia per il counselor che per il cliente: è momento fondamentale di un primo contatto, in cui si “risperimenta” la prima fase di sviluppo e, come afferma Soana3, la persona, “evolutivamente”, si pone nei modi del suo “venire incontro al mondo”, con i suoi bisogni, il suo modo di esprimerli, le sue modalità/difficoltà di stare in attaccamento, le sue resistenze.

Questo rimanda a tutto il tema dell’attaccamento e alle antinomie evolutive di Erikson4, in particolare alla prima: è il momento in cui l’alleanza tra il counselor e il cliente si “gioca” tra “fiducia e sfiducia”, e l’esito positivo di questo primo momento sarà fondamentale per poter proseguire attraverso i vari stadi della relazione.

Nel definire gli obiettivi per il primo colloquio, faccio qui riferimento alla sistematizzazione riportata da Conforti e Paglia5: il counselor si pone alcuni fondamentali obiettivi, che si declinano in compiti ben precisi, alternandosi in vari passaggi o fasi

  • Una prima fase, in cui si succedono il “primo contatto” e la “chiarificazione del problema”: il primo momento ha come obiettivo quello di avere una “fotografia della persona” attraverso l’attenzione alle sue dimensioni emotive ed espressive, il secondo quello di “delucidare il problema” e verificare quale sia l’elemento di motivazione su cui far leva, attraverso la raccolta di alcuni elementi, anche di tipo anagrafico, sulle”otto aree della vita”6 Qui gli interventi sono principalmente le interrogazioni berniane e le riformulazioni, sempre mantenendo un’attenzione “fluttuante”.

  • In una seconda fase, di “contenimento”,l’obiettivo del counselor è quello di creare l’alleanza, attraverso l’attenzione e l’accettazione della dimensione emotiva della persona, lo stare in contatto e il prendersi cura; gli strumenti sono quelli di tipo rogersiano7, ascolto attivo, l’empatia, non-giudizio, e le interrogazioni berniane, finalizzate ad aiutare il cliente a chiarire il problema.8

  • L’ultima fase è quella del primo contratto, in cui l’obiettivo è individuare con la persona la concreta possibilità di uscita dal problema, nei modi che in quel momento decide di darsi, attraverso la definizione del percorso e delle sue modalità concrete di realizzazione: è il momento in cui si aiuta l’altro a chiarificare la richiesta, a riformularla in termini di obiettivi concreti, e nel frattempo si verifica la motivazione iniziale e si fanno alcune ipotesi sul problema9.

E’ utile in questa fase, e direi fin dall’inizio, tener presente come solitamente la persona arriva con una discrepanza tra il problema, di cui non sempre è consapevole, e la richiesta: come sottolinea Soana, “il problema dice che c’è un Sé Esecutivo che sta agendo, la richiesta della persona sta dicendo che c’è un Sé Reale che non corrisponde “10.

La riformulazione della richiesta aiuta ad andare nella direzione della consapevolezza del problema, all’emergere del Sé Reale, anche se ciò non sempre avviene fin dal primo colloquio, e fa parte di quello “smascheramento del reale”11che sarà un obiettivo del percorso successivo.

 

  1. Il contratto

Il contratto è il primo passo nella relazione di counseling, subito dopo un primo momento di accoglienza in cui counselor e cliente costruiscono le basi della relazione stessa. Il contratto è elemento centrale nel rapporto con i clienti, sia che si tratti di singoli che di gruppi.

E’ lo strumento che, coinvolgendo i clienti nella definizione del proprio progetto di cambiamento, in maniera analogica conferisce potere e apre la strada all’uscita dalla passività, contrastando eventuali “attese magiche” nei confronti del counselor e, di fatto, attivando l’Adulto dei clienti.

Il fatto che sia frutto di una reciproca negoziazione accresce il senso di reciproca responsabilità tra il counselor e i suoi clienti, ed è punto di riferimento che consente di verificare con loro “a che punto siamo” nel lavoro svolto insieme12. Il fatto che possa “essere rinegoziato o concluso in qualsiasi momento13 mantenendo aperta la possibilità di percorrere le strade più opportune, consente al counselor di rimandare immediatamente un messaggio di cura “centrato sulla persona” e, contemporaneamente, gli permette di mantenere con i clienti un’attenzione ai dati di realtà, al “qui e ora”, che caratterizza il lavoro proprio del counselor.

Nel caso si lavori con gruppi inseriti all’interno di organizzazioni si utilizzano i cosiddetti “contratti di tipo triangolare”, in cui andare a definire “cosa fare”, “come”, “chi ha il potere di fare cosa”, condizioni fondamentali indicate dalla English14 per un “buon contratto” a tre mani, quando cioè gli interlocutori coinvolti siano più di uno.

Un utile riferimento, teorico ed operativo, è il contributo di Loomis15, che definisce il contratto come “punto di riferimento” utile “per misurare i cambiamenti e valutare i progressi verso l’obiettivo”16 e indica quattro tipologie di contratto: di cura, controllo sociale, relazione e cambiamento strutturale, quest’ultimo campo specifico della terapia.

 

Livelli dei contratti di cambiamento (rielaborato da Loomis, op cit.)


Livello & tipo di contratto Focus di intervento Tecniche di intervento Risultati possibili indicati da Loomis per ogni livello:
  1. CONTRATTI DI CURA
Evitare i racket,i giochi e i tornaconti di copione Fornire protezione fisica o custodia e cura   Mantenimento del livello attuale di funzionamento del cliente
  1. CONTROLLO SOCIALE
Elaborazione dei dati usando l’A2 Contaminazioni ed esclusioni Strutturazione del tempo.Economia della carezze   Intervento in fase di crisi Analisi strutturale  
  • Correzione del temporaneo squilibrio nella vita del cliente -soluzione del problema
  • Miglioramento delle risorse del cliente
 
  1. RELAZIONE
     
Decisioni di copione. Schemi relazionali. Primissime scene traumatiche o ad alto impatto Terapia breve Gestalt o lavoro di ridecisione Ristrutturazione cognitiva Analisi transazionale Analisi dei raket e dei giochi Analisi del copione
  • Miglioramento della qualità della vita e delle relazioni
  • Aumento della consapevolezza e delle informazioni dell’Adulto
  • Aumento della spontaneità e dell’accesso ai sentimenti
  • Aumento del numero di opzioni(illimitato)nel qui e ora
  1. CONTRATTI DI CAMBIAMENTO
Modellamento genitoriale Prime ingiunzioni che permangono Schemi di funzionamento preverbali, cinestetici Analisi del copione Ridecisione Rigenitorizzazione Ristrutturazione dello schema di riferiemento   Cambiamento di struttura

 

Per il counselor, è sempre utile sapere a che livello lui e il suo cliente stanno lavorando e poter passare da un livello all’altro in base al suo bisogno e alla sua richiesta.

 

  1. Il Piano di trattamento

Il piano di trattamento è funzionale alla rotta del cambiamento:devo sapere dove devo andare per pianificare come arrivarci..”(De Micheli)17

Il Piano di trattamento connette una serie di obiettivi –eventualmente distinguibili a breve e medio termine- con interventi adeguati, e costituisce “la rotta” del lavoro proprio del counselor:un rotta che può essere modificata in funzione delle nuove informazioni che emergeranno nel rapporto con il cliente, e di eventuali modifiche della meta stessa, ma che costituisce il punto di partenza affinché il counselor sappia sempre, -parafrasando Berne-”cosa fa e perché lo fa” -.

In questo senso, De Micheli parla di “direzione del trattamento”18, e degli altri due termini di riferimento, la diagnosi e il contratto:la prima fornisce una serie di elementi “di partenza” per il cliente e il counselor nella definizione della meta finale,lo scopo del lavoro, definito dal contratto; nello stesso tempo costituisce una “guida” per definire quali interventi effettuare e in che ordine,perché la meta sia raggiunta, tenendo presenti sia la richiesta che l’ipotesi del problema.

Prima di definire il piano di trattamento, è utile disegnare la “mappa della personalità”, come strumento per farsi un quadro della persona, attraverso la sistematizzazione di tutta una serie di informazioni su vari piani, -aree di vita, elementi copionali emersi..- e a sua volta può fornire strumenti di intervento efficaci.

In questo senso, trovo particolarmente utile ciò che suggerisce De Micheli: ”una prima mappatura della personalità rispetto al quadrante esistenziale, al canale della comunicazione è uno strumento utilissimo anche in un intervento breve…L’individuazione del canale comunicativo preferito consente, infatti, l’espressione verbale dell’empatia con maggior potenza”19, così come l’utilizzo della categorizzazione dei “caratteri” elaborata da Maria Teresa Romanini, “contiene..una possibilità di riconoscere la polarità positiva del soggetto con cui si è in relazione:infatti è proprio sulle doti,..,che è possibile far leva per la soluzione del problema che costituisce il blocco”20, ovvero sulle linee di forza.

Bibliografia

 

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1 Cfr pag 19 in S.Woolams –M.Brown, “Transactional Analysis- A modern comprehensive Tehory and Practice”, Spectrum Psycological Service, Inc, Ypsilant, Mich, USA 1978; trad. it. a cura di S.Spisanti:“Analisi Transazionale” -Cittadella Editrice, Assisi, 1985

2 Nella relazione di counseling si ripercorrono insieme le fasi evolutive che, come per Levin avviene nello sviluppo delle relazioni naturali, cfr Levin P. “The cycle of development” in Transactional Analysis Journal, n. 12,1984

3 Cfr pagg 18- 21 in Soana V. “Quali contenuti teorici per il primo colloquio?” in”Quaderni di counseling” n°7, Anno 6,2008 J.E.R Genova

4 Nel ciclo vitale l’individuo passa attraverso una serie di tappe evolutive (stadi) che sono caratterizzate da una coppia antinomica: una conquista ed un fallimento. Questa situazione (come per es. fiducia-sfiducia) è definita da Erikson “qualità dell’Io”. Ogni tappa deve portare al rinforzo della specifica qualità positiva dell’Io: solo in questo modo il soggetto può accedere validamente allo stadio successivo. - Cfr Erikson E . H. “Identity Youth and Crisis”New York, Norton company, 1968, trad. it. a cura di G.Raccà “Gioventù e crisi d’identità”,A.Armando Ed. - Roma 1974

5cfr Conforti F. e Paglia A. in “Le quattro “c” dei primi colloqui”, in ”Quaderni di counseling” n°7, Anno 6,2008 pagg 41- 53, J.E.R Genova

6 Cfr pagg 74-75 in Paglia A. “Il processo della relazione di counseling: lettura di un caso” in ”Quaderni di counseling” n°8, Anno 7, 2009 pagg 17-39 J.E.R Genova in cui si definiscono le aree su cui è utile indagare per farsi, appunto, una fotografia della persona: familiare, amicale-sociale, affettivo-sessuale, professionale-lavorativa,economica (uso dei beni)/denaro),cura di sé-hobby(uso del proprio corpo), dimensione culturale e dimensione spirituale.

7 Cfr pagg 53-101 in Carkuff R. “The art of helping”, Human Resource Development Press, Inc- USA 1987, trad. It. A cura di Lorenzo Gasperi “L’arte di aiutare” Ed. Erikson - Trento, 1987

8 Cfr Conforti F. e Paglia A., già cit., pag.45

9 Ibidem, pag46

10 Cfr V.Soana, “Quali contenuti teorici per il primo colloquio?” già cit., pag.26. Berne parla di Sé reale, o <<vero sé>> in riferimento alla struttura che la persona percepisce come vera,“come <<me>>,mentre l’esecutivo è la parte della personalità che ha il controllo di fatto” cfr Woolams S. -.Brown M , op. cit., pag.61

11 Ibidem, pagg 33-36

12 Cfr 9 Cfr Loomis M. “Contracting for change”. Transactional Analysis Journal, vol XII, n. 1,1982 trad.it a cura di M.Magnino “I contratti di cambiamento” in “Neopsiche” anno 8, n°14, dicembre 1990, pagg 21-26

13 Ibidem, pag 21

14 English F., “The three cornered contract”, da Analyse Transactionelle et emotions, 1992, trad. It. “I contratti triangolari multipli”, in Neopsiche, N. 17-18, 1992.

15 Cfr Loomis M. , op. cit., pagg 21-26,

16Ibidem, pag 21

17 Cfr pag. 55 in De Micheli M. ““Il processo della relazione di counseling: dal piano di trattamento all’intervento” in ”Quaderni di counseling” n°8, Anno 7, 2009 pagg 55-65 J.E.R Genova.

18 Cfr De Micheli M., articolo già cit.

19 Cfr pag.60 in De Micheli M. ,art. già cit.

20 ibidem

Daniela Giovannini

Counselor Analista Transazionale Certificata CTA-C

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