Ri-trovare il futuro


Ri-trovare il futuro

  

          È necessità prioritaria oggi ancor più anora che nel passato, e forse sarebbe ancor più appropriato definirlo un re-inventare il futuro, per dare  senso  alla  nostra  vita, dilaniata da eventi che coinvolgono ognuno e tutti con le dimensioni a cui la globalizzazione ci ha condotto e che non siamo in grado di contrastare,  la pandemia e la guerra. Non si è stati a nessun livello efficaci interpreti di segni e segnali premonitori, dell’una né dell’altra sciagura, non lo siamo stati noi cittadini, né i  governi e neppure gli esperti dei settori coinvolti. Sorpresi e preda di paure che credevamo risolte, abbiamo assistito, per lo più impotenti e i provvedimenti tentati sono stati inefficaci, spesso contraddittori come accade a fronte di un’emergenza. Potremmo interrogarci se davvero pandemia e guerra possano essere catalogati come emergenza “imprevedibile”, ma il focus di questa riflessione si incentra su altro, sulla ineludibile necessità primaria, appunto in tale faticosa condizione globale e individuale, di re-inventare il futuro.

Non si tratta semplicemente di riprenderne una linea del tempo spezzata, bensì di ricreare in noi l’idea di futuro, dopo decenni di progressivo appiattimento sul presente. Da tempo abbiamo inconsapevolmente scelto di affrancarci dal passato, colpevole di non essere in grado di competere con la corsa al progresso, senza chiederci cosa sia progresso o che cosa per noi significhi e con la stessa leggerezza, invaghiti di accelerazione tecnologica, di richiami mediatici, di successo personale, del tutto e subito, il nostro futuro si è contratto in un tempo strettissimo: ora, oggi, il domani spinto al …fine settimana.

Possiamo tuttavia trarre energia per un orizzonte più ampio e non c’è dubbio che possa essere operazione impegnativa, per taluni addirittura sconvolgente, perché siamo privi ormai di strumenti per riuscire a fermare la nostra corsa e riflettere sulla nostra condizione. Scopriremmo che la qualità della nostra vita dipende più  che  dalle effettive  situazioni  dal  come  ci  siamo educati  ad  analizzarle, a  comprenderle,  a  risolverle,  ad accettarle o rifiutarle, che finora siamo stati inclini ad accettare che la libertà di scelta di vita consista nell’aderire ad una tra le tante proposte che ci vengono dall’esterno, tra modelli e stili di vita “in”, scopriremmo che ormai ignoriamo quali siano i nostri più profondi desideri e bisogni, che cosa nel futuro medio lontano vorremmo realizzare nel rispetto della nostra identità.

Sinteticamente potremmo affermare che ogni persona che abbia appreso con lungo e meticoloso esercizio quotidiano a vivere il qui e ora è persona attenta prioritariamente al senso della sua vita, in ogni atteggiamento e comportamento, come nelle scelte a cui la vita la chiama.

Non di rado, l’attenzione spasmodica al presente, all’attimo che si sta vìvendo viene interpretata come vivere il qui e ora,  ma si tratta di un fraintendimento banale e allo stesso tempo grave perché preclude l’opportunità di intendere correttamente quanto sia complesso il saper vivere il qui e ora. Quanti  tra  noi  hanno  consapevolezza  che  quel  saggio proponimento  sia  stato  travisato  e distorto  a  momentaneo  interesse  per  un  frammento  di Presente,  accostato  e  mai  integrato  con  altri  frammenti, ciascuno  e  tutti  destinati  a  non  lasciare  che  una  traccia confusa mentalmente  ed  emozionalmente,  come  un  carosello  di istantanee scattate quasi mai da noi e da altri pilotate?

È  questo  che  desideriamo,  è  questo  che le difficoltà dell’oggi così intense e prolungate ancora ci consentono? 

Se, quando e quanto riusciamo a prendere atto del qui e ora, riusciamo a cogliere il senso che assume per noi il vivere, un presente modellato da uno sguardo consapevole sul nostro Passato e un animo aperto al Futuro. 

Misurare  la  consistenza  della  nostra  intima  soddisfazione  e gratificazione, del nostro entusiasmo, della nostra creatività, ci dà coraggio e ci rene propositivi, quanto ci deprime e immobilizza ogni percezione che ci investe dal passato di una nostra inadeguatezza, di privazioni subite e mancanze.   

Che  cosa  più  ci manca oggi? Ognuno di noi, con modalità e intensità diverse, sarà indotto a riconoscere che è proprio riuscire a percepire il proprio essere nel tempo, nel fluire del tempo che manca. Siamo imbrigliati a porzioni di Presente avulse da ogni legame: né un prima, né un dopo dà fondamento a ciò che agiamo e ogni esperienza resta circoscritta in se stessa e la narrazione di noi e delle nostre scelte, così liberatoria e formidabile supporto a comprenderci, è traguardo improponibile

Talvolta, i ricordi emergono, senza che lo vogliamo, dal  Passato  per  acuire  in  negativo  sensazioni  di  confusa amarezza,  per  diminuire  ancor  più  la  nostra  autostima  e accade allora che con  rabbia,  per  ricacciarli  indietro  velocemente,  ci tuffiamo  anima  e  corpo  in  qualche  momentanea occupazione presente. 

Come counselor siamo consci che condurre la persona in aiuto a vedere il senso della propria vita è forse il percorso più difficile, durante il quale troviamo un’insistita resistenza alla collaborazione anche da persone che per ogni altra situazione, argomentazione, colloquio, esercizio o prova si attivano con entusiasmo. 

Del Passato vogliamo liberarci, e l’effetto collaterale di questa monca visione prospettica è, appunto, l’assenza di un possibile, pensato, desiderato o sognato Futuro.

Probabilmente è un’ennesima contraddizione in termini: nel mondo  della  tecnologia,  del  futuribile,  del  virtuale,  della scienza che va realizzando ciò che credevamo fantascienza fino a pochi decenni orsono, non siamo in grado di veder-ci nel  futuro.  Riusciamo  a  immaginare  mondi  alieni,  civiltà robotizzate, l’uomo indistruttibile e bionico, in un futuro in cui sarà difficile, se non impossibile, distinguere quanto di umano e quanto di artificiale ci sarà in lui, e tuttavia, ciascuno di noi fatica a verder-si tra cinque, dieci anni, a ipotizzare che cosa farà, a sentire che cosa vorrà realizzare, a quali valori vorrà mantenersi fedele (forse perché su quei valori da tempo insistono grande confusione, incertezza, sopraggiunte paure?).

Come possiamo meravigliarci se ignorano ogni Prospettiva  per  il  Futuro le nuove generazioni:  abili  imitatrici,  come  quelle  del passato,  dei  modelli offerti  dagli  adulti, non  trovano  in  noi traccia  di  slanci  per  il  Futuro,  bensì  soltanto  attenzione ansiosa  per  il  vorticoso  e  caotico  Presente, desiderio di rimuovere il con-tatto con la realtà per sfuggire da ciò che non si ha la forza di accettare, tanto meno di superare. 

Il  cammino  da  intraprendere,  ancora  una  volta,  è quello  che  ci  conduce  verso  …noi  stessi,  in  netta controtendenza con il mondo che ci spinge verso l’esterno già  pronto  e  facile  da  assumere  come  un omogeneizzato, sì proprio come cibo per chi, bimbo, non è ancora autonomo, o non lo è più, ma forse non è mai stato.

Da ciascuno di noi ripartiamo. Attingendo alla nostra tendenza attualizzante, alleniamoci a vivere nel qui e ora che, anche in questo difficile presente, si sostanzia di esperienze pregresse, definite e ri-definite per consentirci una diversa prospettiva di visione della realtà rigeneratrice di nuove proiezioni, prospettive, immagini di futuro.

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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