Intelligenza sociale


Intelligenza sociale

A volte ci si chiede perché un paziente scelga proprio quel determinato medico per farsi curare una patologia oppure si rivolge ad uno psicologo per confidare le proprie ansie ed angosce. Ma questo vale anche in molti altri campi, perché la fiducia ricade su quell’avvocato per farsi difendere oppure sul quel notaio per trasferire una proprietà? Cosa rende un commerciante sicuro di avere stabilito il giusto prezzo da proporre all’acquirente?

Per Daniel Goleman, grande esperto di intelligenza emotiva, la risposta è semplice: una forma di intelligenza che il noto psicologo definisce “sociale” e che consiste in una ben determinata serie di qualità umane che possono essere osservate quando si va oltre la psicologia del singolo per arrivare ad una psicologia bi personale.

Basandosi sulle ricerche delle neuroscienze sociali, lo psicologo americano dimostra come le relazioni interpersonali diano una determinata forma al nostro cervello, influiscono sul nostro corpo plasmando la mente; pertanto, interagiscono sul nostro benessere psico-fisico.

Ma prima ancora di Goleman fu lo psicologo Edward Lee Thorndike, connazionale del primo, a fare riferimento – più o meno direttamente – al concetto di intelligenza sociale. Egli, nel 1922, la definì come «la capacità di capire e di gestire uomini e donne».

Guilford, alla fine degli anni ’60, classificò 30 capacità afferenti a questa peculiare forma di intelligenza, ma successivamente ne vennero identificate addirittura 120. Sternberg, invece, parla di intelligenza pratica e Gardner di intelligenza interpersonale. Quest’ultimo muove ai suoi colleghi una critica sul metodo, ovvero quella di aver concentrato l’attenzione sul singolo individuo e, pertanto, propone di porre in essere un nuovo punto di vista, di osservazione: non bisogna più concentrarsi su una serie di qualità umane intrinseche a ciascuno degli esseri umani e che servono a migliorare i rapporti con gli altri, ma di ampliare la visuale e di occuparsi della psicologia bipersonale; ovvero di tutto ciò che accade quando entriamo in contatto con un altro essere umano. L’esercizio della leadership – ad esempio – se non viene finalizzata alla manipolazione delle altre persone, può risultare molto utile come il lavorare in team e sapere gestire i conflitti. Ciò che è necessario saper superare è quanto, invece, sta accadendo nell’ambito della vita contemporanea, laddove questi strumenti vengono spessi utilizzati in campo pubblicitario ed in maniera manipolativa, per condizionare le scelte riguardanti gli acquisti. L’egoistico interesse individuale o imprenditoriale va superato a favore di rapporti umani migliori e più spontanei, basati soprattutto sugli interessi degli altri e non sui propri. Altruismo e non egocentrismo.

L’intelligenza sociale è caratterizzata da due componenti: l’abilità sociale e la consapevolezza sociale. L’abilità sociale viene suddivisa a sua volta in diverse gamme:

a)     la sollecitudine, ovvero mostrare interesse e premura per i bisogni degli altri;

b)    l’influenza, ossia plasmare l’interazione  sociale a proprio favore;

c)     la sincronia con l’ascoltatore, quindi sapere manifestare interesse  e comprensione anche a livello non verbale;

d)    la presentazione di sé, cioè presentarsi in maniera efficace, in maniera tale da essere a propria volta capiti.

Ma anche la consapevolezza sociale si suddivide in delle “sottoclassi”:

a)     l’attenzione empatica, ovvero comprendere i pensieri, i sentimenti, le emozioni e le intenzioni di un’altra persona;

b)    l’empatia primaria, cioè sentire gli altri e percepire segnali emotivi non verbali;

c)     la sintonia, che consiste nel sapere ascoltare con piena ricettività ed essere sulla stessa lunghezza d’onda di un’altra persona;

d)    la cognizione sociale, ossia il sapere sfruttare alla perfezione, in modo efficace, tutte le conoscenze acquisite, per mezzo di una serie di interazioni positive con le altre persone.

 Lorenzo Lorusso

 

 

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