Contr-addizioni


Contr-addizioni

           Viviamo nutrendoci costantemente e con animo assai leggero –inconsapevole?– di paradossi: siamo in continuo cambiamento, noi e i contesti che ci attorniano e, tuttavia, restiamo aggrappati ai nostri principi, alle nostre convinzioni o, meglio, a quelli che crediamo e consideriamo di aver scelto personalmente come punti fermi della vita e che in realtà sono condizionati, suggeriti, immaginati, creati e …indotti in noi dall’esterno. Strutturiamo la nostra individualità, ricalcando idee e comportamenti altrui, di quei tanti che sono omologati, connessi, “in”, e che sono tanti, anzi tutti. Noi allora, come tutti vogliamo agire, comportarci, pensare e ci attiviamo in mille direzioni, ci affanniamo, stressiamo e, salvo  micropause, riprendiamo il faticoso cammino ansiosi e trafelati, nel tentativo di aggiungere, di addizionare altro (conoscenze, amicizie, visibilità…), di raggiungere la condizione ambìta di saper gestire più attività contemporaneamente, di diventare abili operatori multitasking.

Quando, raramente, ci accade di assumere noi il ruolo di capofila che ha il potere di guidare altri seguaci ammirati, con grande entusiasmo consumiamo all’estremo le riserve di energia che neppure immaginavamo di possedere, fortemente appagati dal perseguire il di più: paradossale risposta ai bisogni autentici della nostra società che invece avrebbe disperato bisogno del di meno.

           Che cosa rende il multitasking inadatto a costruire una vita rispettosa della dimensione umana? Escludendo ogni diffidenza per la tecnologia di ultima generazione e per l’intelligenza artificiale, insostituibili sostegni e importanti positive sfide per il futuro dell’umanità,  il multitasking ci plagia con l’alone di efficientismo, di competenze semplificatrici, di abilità nel mantenere il controllo di problematiche, condizioni e situazioni diverse contemporaneamente, arrivando a soluzioni rapide con apparente facilità. Ci piace  e ci invoglia l’immagine di rara efficacia e desideriamo credere che sia realizzabile, che sia davvero produttivo sollecitare la nostra attenzione per più compiti insieme e l’avvertimento che studiosi della “macchina” umana, neurologi e fisiologi ribadiscono negando che il nostro cervello sia predisposto per controllare contemporaneamente due attività cognitive, resta ininfluente nonostante le conferme di ricerche in tal senso.

Ci attrae irresistibilmente il di più, superare i limiti come se fossero tutti imposti per volontà di qualche competitor invidioso del nostro successo e ignoriamo, siamo determinati a ignorare che proprio la nostra condizione di umani comporta dei limiti che vanno rispettati.

           Inappagati, ansiosi, instancabili affamati del di più e ancòra, ancòra e oltre e altro, insomma di tutto e, come presi da incontenibili fremiti, aggiungiamo, addizioniamo caos a caos, frammenti luccicanti di tessere di un puzzle che mai si comporrà. Forse vicino a noi, o dentro di noi, è accaduto che qualche dubbio ci abbia indotto a fermarci, ma abbiamo temuto appena dopo qualche istante che quel restare a pensare fosse tempo perso e abbiamo considerato prezioso proseguire la corsa assillante, sfiancante, che prosciugava energie. Questa è stata la nostra modalità di vivere, fino a che un recente evento epocale ci ha fatto sovvenire che nella dimensione della riflessione, che avevamo creduto fosse un’idea davvero bislacca,  occorreva scoprire il nostro campo di senso: ritardare la nostra la corsa, abbandonare l’accumulazione disordinata del di più, scegliendo il di meno.

Oggi ci sentiamo in grado di cogliere le tante contr-addizioni che abbiamo inanellato e che non vedevamo?

Oggi, ci sentiamo motivati ad accettare un autentico cambiamento, capaci di valutare il già vissuto, condizionato da automatismi ben oliati,  con un diverso punto di vista?  Alla ricerca del meglio in ogni direzione, abbiamo sfilacciato fino a spezzarlo quel sottile e fragile fil rouge che solo può garantirci la necessaria integrazione tra aspettative, sogni e concrete opportunità; quasi inconsapevolmente, abbiamo limitato e ostacolato quella potenziale creatività che pure è in noi e che in una visione personale dell’insieme, da oggi può trovare terreno fertile.

Cominciamo ad osservarci intorno, come se (il gioco del come se è efficacissimo nel restituirci l’obiettività) fossimo arrivati nel qui e ora da altri mondi (la PNL insegna) e la realtà di questa terra ci fosse ignota.

In fondo, non è poi condizione molto lontana dal vero.

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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