L’educazione dell’adulto, esperienza di Auto-Educazione


L’educazione dell’adulto, esperienza di

Auto-Educazione

 

           L'umanità spegne i suoi lampioni l'uno dopo l'altro, tuttavia, Dopo la peste torneremo a essere umani (David Grossman, Repubblica, 19 MARZO 2020).

           Ora, assetati di positività, inclini a far rinascere la speranza, Dea ultima spes, mentre accogliamo volentieri, la prospettiva di tornare a essere umani all’improvviso ci sentiamo investiti da una sensazione amara, prostrati dalla certezza di non essere in grado di riuscirci e non a causa degli eventi a noi esterni, né della pericolosità di un nemico invisibile. Ciò che improvvisamente proviamo è l’effetto di una imprevista, quanto indesiderata resa dei conti con…noi stessi.

 

Per tornare a essere umani, perché ci sia possibile tornare a quella condizione, è implicito che dobbiamo avere familiarità con l’essere umani, ma dove abbiamo dimenticato l’essere umani, dove teniamo nascosta questa dimensione, o forse quando l’abbiamo sepolta e dimenticata?

Oggi è il momento in cui, ciascuno di noi, cittadino di questo globale tecnologico terzo  Millennio avverte la profonda necessità di guardarsi dentro per ricostituire le proprie radici, di conoscere la propria identità per soddisfare i propri bisogni, di scoprire se sono proprio quelli di tutti, se i suoi desiderata persino non siano in fondo indotti da abili persuasori; la sensazione che prevale è quella di fermarsi, di stare, per sentir-si e ascoltar-si. Ora è il momento in cui ciascuno di noi si augura di riappropriarsi di ciò che l’alba della filosofia occidentale, intrisa di saggezza contagiata dalla voce degli oracoli, suggeriva: "Conosci te stesso!". “Nulla di troppo” ΓνῶθιΣαυτόν (gnothi sauton)  μηδὲν ἄγαν (midén ágan), i moniti scolpiti sul Frontone del Tempio di Apollo a Delfi, invito pressante alla conoscenza di sé e, allo stesso tempo, alla misura di ogni slancio anche del sapere.

           L’unica certezza che può consolarci mentre avvertiamo con lucidità che per troppo tempo da quei moniti ci siamo allontanati, è che quei moniti non appartengano affatto ad un mondo lontano solo perché Passato; quei moniti hanno travalicato epoche, culture, animato popoli diversi fino ad arrivare in forme appena impercettibilmente mutate, nei richiami e nelle analisi di tanti illuminati contemporanei, che non abbiamo seriamente meditato. L’essere umani in quei due moniti può sintetizzarsi come messaggio, più che mai calzante (benché del tutto controcorrente) per tuti noi, di ricerca di un equilibrio, continuamente rinnovato, tra ansia del di più e misura del tutto. E noi ci accorgiamo di avere esperito, ad abundantiam, l’ansia del di più in ogni forma, da quella spirituale intellettuale interiore a quella più materiale, epidermica e modaiola, sfuggendo come per un implicito imperativo categorico (al contrario), persino al timido tentativo che solo alludesse alla misura.

Se numerose e complesse sono le motivazioni di questa generale euforica corsa a fare esperienze, sempre nuove, meglio se insolite, memorabili, emotivamente impegnative per affrancarci dalla routine quotidiana e dalle responsabilità, uno è il comune denominatore: l’abituarsi a guardare fuori di noi, così insistentemente che l’esterno a noi diviene l’unico parametro a cui prestiamo attenzione e continuiamo a farlo anche se ne usciamo più spesso sconfitti piuttosto che gratificati. Del resto, la nostra vita è punteggiata da automatismi che ci inducono a reiterare strategie anche fallimentari (si veda Giorgio Nardone e le psicotrappole).

           Quando il counseling ci sollecita a cogliere in ogni situazione problematica che viviamo un’opportunità, e nell’errore lo strumento per meglio indirizzare le nostre energie e raggiungere l’obiettivo prefissato con pazienza e determinazione ideato e costruito; quando ci sostiene nello stabilire un dialogo con noi stessi che solo rende autentico e possibile il dialogo tra noi e ogni nostro interlocutore; quando ci invita a sospendere il giudizio, ad accogliere incondizionatamente l’altro, a maggior ragione se è lontano da noi nel pensiero, nelle scelte di vita e nelle emozioni; quando ci sollecita ad aiutare ogni persona ad essere e sentirsi libera perché non sia dipendente da noi, dal nostro aiuto, ma apprenda ad auto-aiutarsi…il counseling ci indica il percorso che guida ad essere umani.

           È entusiasmante allora ipotizzare che ogni difficoltà che viviamo (e anche questo momento) possa essere occasione per un nuovo umanesimo che si nutre  della certezza che ogni uomo ha in sé la capacità di migliorarsi e di scegliere la soluzione che meglio lo avvicina a sé e all’altro, al proprio BeneEssere, e sia in grado di auto-educarsi.

L’educazione, sempre e segnatamente nell’adulto in quanto autonomo, è processo che si genera soltanto se è vissuta letteralmente come esperienza educativa, lavorio difficile, complesso e indispensabile per affrontare, ogni giorno, le sfide del cambiamento, per dare un senso al proprio e all’altrui vivere, per partecipare attivamente alla vita singola e associata, per scegliere se quando e quanto accogliere o rifiutare norme, regole, persino divieti e imposizioni che ci arrivano dall’esterno e tutto non in nome di una nostra presunta libertà a fare quello che vogliamo, o del rifiuto di esercitarla demandando ad altri ogni scelta, ma in nome di quel modello di vita correlato a precisi valori, a memoria e progetti che si avvicinano alla nostra identità, che rispettano il nostro sé interiore, nel rispetto del contesto in cui ci troviamo. Un’autoeducazione che l’adulto è chiamato a sviluppare in un processo continuo, dunque permanente, per esercitare il ruolo che gli compete in ogni ambito e contesto in cui agisce, per vivere consapevolmente i propri diritti di cittadino e i propri doveri, per essere capace di pro-azione ed energia collaborativa per sé e gli altri. Potremmo definirla coscienza civica, partecipazione, voglia di inclusione, corresponsabilità; non un progetto da superman, sì, invece, senso di appartenenza e corresponsabilità. Nessuno potrà convincerci che è compito facile, ma gli effetti negativi della mancanza insistita per anni, in troppi adulti, di questa volontà partecipativa e responsabile nel tentare un equilibrio tra l’ansia del di più e la misura (regolata da proprie norme) sono evidenti in ogni evento, deflagranti addirittura in quelli più problematici. Prenderne atto, cominciare ad impegnarci in questa faticosa direzione è più urgente che mai.

Cordialissimamente

Giancarla Mandozzi

 

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