SI PUO' SVILUPPARE UNA CULTURA DELLA CREATIVITA’? Fattori agevolanti e ostacoli all’atto creativo

Inviato da Nuccio Salis

creativita

Otto anni fa scrissi un saggio sulla creatività. Il mio entusiastico ottimismo previde un clamoroso fallimento editoriale, invece andò perfino peggio del previsto. Per un certo periodo, però, promossi la mia pubblicazione presso i miei corsi sulla creatività, superando facilmente l’editore in quanto a numero di vendite.

Attualmente, considerata la possibilità di diffondere sul web le proprie considerazioni su qualunque tema, mi limito a discettare su questa area di mio interesse, evitando la stampa cartacea, l’inutile betullicidio ed i contratti unilaterali. Questo tipo di vantaggio è entrato personalmente fra i criteri che facilitano l’espressione creativa e l’espandersi di un pensiero di tipo dialettico e divergente.

 

Intorno al termine stesso “creatività” si diramano orizzonti concettuali che si articolano dalle teorie più ingenue ed approssimative a quelle più sofisticate, in grado cioè (queste ultime) di entrare nel merito del fenomeno e renderne conto mediante paradigmi scientifici che cercano di essere sempre più esaustivi. Erroneamente, la credenza popolare vuole che la creatività sia una sorta di qualità innata presente in taluni individui i quali poi svilupperanno o meno, a seconda delle circostanze o di un presunto talento, una serie di abilità complesse o specifiche che faranno diventare tali pochi fortunati soggetti degli artisti, poco importa se e in quale misura siano propensi alla notorietà.

Altra fuorviante interpretazione associa la creatività all’espressione disfunzionale della personalità umana, e quindi rappresentandosi l’individuo creativo in modo del tutto stereotipo e pittoresco, ovvero il classico accoppiamento ‘genio e sregolatezza’, secondo una fenotipica semplificazione di sapore narrativo e cinematografico, atta ad indurre suggestioni emotive nel fruitore di storie e vicende esistenziali.

Ma la creatività non è una prerogativa di pochi segnati. Essa abita dentro ciascuno di noi, in attesa di estrinsecarsi e mostrare tutto il suo valore e la sua rilevante funzione. Ciò, tuttavia, non significa che creativi si nasce, in quanto la creatività è essenzialmente legata ad un processo il cui stepconclusivo rimane un atto finalizzato, diretto cioè a creare, ovvero a realizzare ciò che si è sviluppato a monte del procedimento ideativo.

La creatività è dunque inscatolata dentro di noi, come un potenziale che attende di essere propriamente sollecitato, al fine di impadronirsi di uno strumento fondamentale per rendere la vita migliore e per maturare tutte quelle capacità che aiutano a modellare una visione più aperta sugli aspetti del nostro vivere quotidiano. La creatività si nutre di ricerca, di sperimentazione, e si vivifica grazie ad un atteggiamento volto a generare dubbio, criticità, domande e percorsi alternativi atti a superare gli schemi e gli approcci già noti o più collaudati.

Trovo che sia necessario diffondere questa consapevolezza, dal momento che la creatività, relegata a rigidi stereotipi e attribuzioni minimali dovute alle teorie implicite della personalità, continua ad essere sottostimata e blindata all’interno di uno steccato culturale che la lega nell’ambito rigorosamente espressivo-artistico. Questa visione riduzionista non aiuta di certo la divulgazione di un approccio alla creatività che invece dovrebbe rendere pensabile l’educabilità di questa complessa qualità. Essa infatti non va insegnata, va tirata dal di dentro al di fuori, propriamente come previsto dall’accezione stessa del termine ‘educazione’ come ex-ducere. Sono infatti numerose le sue implicazioni sul piano di tutte quelle dimensioni educative che risultano spendibili (e necessariamente) sotto l’aspetto del conoscere se stessi e gli altri, consolidare capacità di interdipendenza socio-relazionale, analizzare i propri processi metacognitivi, auto-guidarsi al problem-solvinge rendendo efficiente ogni singola prestazione centrata su un compito, massimizzando i profitti e riducendo i costi.

Resta cioè da studiare quali siano gli elementi di forza e le congiunte aree di maggiore criticità, in seno a questo complesso quanto interessante fenomeno umano.

Sulla base di studi già noti in letteratura e di personali riflessioni ed esperienze, mi sono permesso di procedere al tentativo di identificare fattori agevolanti, ostacoli ed eventuali indicazioni in merito a possibili percorsi e strategie che possono aiutare a gestire funzionalmente un’idea creativa di partenza.

    Fra i fattori agevolanti credo di aver individuato:

_ Competenza. Un primo punto che mi sento di sottolineare riguarda il fatto che la creatività la si debba coltivare, e che il disinteresse verso di essa la faccia inaridire, esattamente come una pianta di cui non ci si prende abbastanza cura. Questo dovrebbe anche affrancare la creatività alla già citata figura romanzata del creativo per ‘dono genetico’, e quindi di colui a cui si attribuiscono caratteristiche creative in quanto produttivamente impegnato in una qualche forma d’arte. Ma la creatività non si nutre soltanto di intuito, talento o improvvisazione. L’espressione creativa è anche legata allo studio ed al sapere. Soprattutto se la collocazione del sapere è relativa ad un ambito ben connotato e specialistico. Sarebbe banale se non lo dimenticassimo: non si possono produrre idee creative dentro un ambito di cui si ignorano i fondamenti della conoscenza di base. In pratica, se non sono un ingegnere informatico non potrò sviluppare un’idea innovativa realmente e direttamente applicabile e sperimentabile ad un campo di lavoro che mi vede del  tutto inesperto ed estraneo al mio percorso di formazione e di interesse.

_ Divergenza. La creatività resiste nel tempo se acquisiamo l’abitudine a foggiare il nostro pensiero e la nostra espressione totale mediante il paradigma creativo. La capacità di formulare sempre domande generando il dubbio, alla ricerca di un possibile completamento, fomentando una dialettica aperta, de-struttiva, risulterebbe molto utile alla causa stessa della creatività, perché si mantiene vivo un atteggiamento curioso, si gioisce della propria tensione esplorativa, ci si carica della propria voglia di capire. Si esprime creativamente chi distrugge quel motto inibitore che declama ‘chi lascia la strada vecchia per quella nuova sa quello che lascia ma non sa quello che trova’. La creatività trova il suo spazio e la sua ragion d’essere proprio perché viene sollecitata da quella curiosità che ama correre anche qualche rischio legato al battere territori non conosciuti, con il pregio di elencare opzioni variegate e multipli scenari di probabilità, e quindi di ridisegnare nuovi orizzonti del possibile.

Tutto ciò si dirige a sviluppare l’identità matura di una personalità indipendente, in grado di assumere su di sé i rischi e le responsabilità delle proprie scelte. Non per questo la creatività va riposta nell’ennesimo stereotipo del comportamento sfidante di chi si procura imprevisti per mostrare una certa capacità di sovversione delle regole note. La persona creativa non conduce una distruzione del noto perché ama opporsi con pregiudizio. La creatività è sì spesso obiezione a ciò che rappresenta la tradizione affermata e la modalità già collaudata e conosciuta, con la finalità costruttiva di introdurre novità che conducono all’evoluzione. Il creativo non è un improvvido gladiatore che vuole mettersi soltanto in mostra. Egli conosce in anticipo quanto sia utile e convincente il suo obiettivo, e sa anche aspettare, permettendo alle sue idee di attraversare anche quel necessario periodo di conservazione, in attesa che si combinino come in una magica alchimia che fa emergere nuovi propositi per un nuovo agire.

_ Motivazione. Ritengo sia davvero importante ed imprescindibile avere un legame significativo con l’oggetto del problema. Amare l’attività o il percorso che si vuole sperimentare è la condizione prima per avere il motivo per cui muoversi e scommettere sulle proprie convinzioni, conferendo valore ai propri principi e spessore di qualità alle proprie azioni.

 

La creatività può certamente imbattersi anche in ostacoli che possono limitarne le potenzialità del suo repertorio espressivo. Vanno considerati situazioni dentro cui possono esservi i seguenti fattori:

 

_ Autocensura. Il più grande ostacolo ad una autentica manifestazione creativa, purtroppo siamo noi stessi. Le nostre coordinate esistenziali sono distoniche, e non può esservi allora espressione creativa. La stessa, infatti, per potersi esprimere, necessita di un adeguato livello di buona percezione di autoefficacia e fiducia in sé. È più che probabile che nella nostra infanzia, alcune ingiunzioni genitoriali ci abbiano profondamente segnato, laddove negli ambienti di vita primaria vigeva un’atmosfera e un corpusnormativo diretto a cassare le iniziative esplorative. Comandamenti interno del tipo “non sei capace”, possono aver costituito da impalcatura di base di una personalità che si è sentita dire più volte  “tanto non riesci”. La  paura di sbagliare e la resistenza a mettersi in gioco sono veleni altamente tossici per la creatività. Occorre allora, in questi casi, affrontare percorsi in cui scoprire la naturalezza dell’uso della creatività, ed il contributo significativo che può apportare al completamento di una personalità sana ed equilibrata.

_ Rigidità routinaria. Collegata spesso alla precedente, risulta per l’appunto un atteggiamento di resistenza al cambiamento, tipico di personalità insicure e poco esplorative, che preferiscono la sicurezza delle gabbie mentali e degli orizzonti limitati circa la visione delle cose. In pratica, ciò che è già noto ed accettato li ripara da una angosciante sensazione di perdita dei propri riferimenti sicuri. Tale atteggiamento è spesso verbalizzato in espressioni del tipo “ormai non cambio più”, “tanto le mie idee sono queste e nessuno può convincermi del contrario”, “si è sempre fatto così” ecc.

_ Spegnimento domande. Si parla spesso dell’ ‘età dei perché’ legata al processo dello sviluppo in una certa fase dell’età evolutiva. Ma l’età dei perché dovrebbe durare per sempre, a meno che non si sia raggiunta l’onniscienza. Troppo spesso, invece, ci tocca purtroppo constatare come prevalgano l’assenza di nuove domande, di curiosità, di uno sguardo incantato e di meraviglia. È mio parere che gli umani adulti dovrebbero sguinzagliare il loro Bambino Libero Naturale (espressione di scuola analitico-transazionale), recuperando quello sguardo ingenuo, quell’approccio che dimentica di possedere già una parte della conoscenza, che mette quindi da parte i pregiudizi propri solo di certe menti ‘piene di studio’, ma aride di voglia di conoscere. L’auspicio è invece che sia rieducata e quindi ritrovata quella perduta propensione ad accogliere la sorpresa, ad accettare la novità, fino a contemplare l’ignoto.

_ Giudizi. Numerose persone bloccheranno la loro attitudine creativa soltanto perché hanno paura che esprimendosi al di la delle regole formali già note, la moltitudine dei non creativi producono inevitabili giudizi e sentenze. Dentro questi creativi strangolati, vi si trovano frasi interne quali “penseranno che io sia matto”,  “ma tanto non funzionerà mai e ci rimedierò solo una pessima figura”. Insomma, a prevalere è la paura di esporsi per non sentirsi out-group, quindi sostanzialmente a farla da padrone è quell’atavico terrore di non essere accettati, congiunto di fatto a una discreta incapacità a valorizzare le proprie idee, anche se buone.

_ Eccessivo sostegno sulla motivazione estrinseca. L’atto creativo dovrebbe finalizzarsi in seguito a un progetto. La creatività implementa il nostro calderone delle idee, regolando le stesse all’interno di un piano che segue criteri di efficacia. Tutto ciò dovrebbe espletarsi anche in virtù di un valore o di un principio al quale profondamente si crede. L’energia creativa attinge fondamentalmente dalla motivazione. Specialmente quando si incontrano ostacoli e difficoltà anche inattese, o si sperimenta un parziale fallimento. Da dove la si trova la forza di andare avanti se non nell’immensa sorgente di interesse e motivazione per quello che faccio. Ergo, sarebbe una manovra poco edificante sotto l’aspetto creativo muoversi in vista di un obiettivo deciso esternamente, a carattere impersonale, sostanzialmente estraneo allo scopo e non condiviso in vista della realizzazione perseguita.

_ Aspettative troppo elevate. Se mi pongo un obiettivo punto ad ottimizzarlo, e probabilmente vorrei espanderne gli aspetti favorevoli. Bisogna fare attenzione, però, a porsi sempre degli standardprestazionali sufficientemente aderenti alle proprie reali possibilità realizzative, scegliendo percorsi, risorse e strategie che semplifichino e sostengano il cammino verso il raggiungimento dell’obiettivo.

_ Scelte e risorse limitate. La creatività è sempre diretta verso uno scopo realizzabile e misurabile, e per quanto le sue basi possano attingere dal mondo dell’immaginario, è sul piano di realtà che poi bisogna confrontarsi e quindi agire con il fine di tagliare il traguardo su ciò che ci si è preposti. Non tutti i contesti e tutte le situazioni offrono le medesime possibilità, e certuni progetti possono risentire di un oggettiva penuria di risorse (materiali o culturali), rendendo necessario un eventuale riadattamento o revisione del percorso pianificato.

_ Fissità funzionale. Il noto fenomeno ci rende conto di come la rigidità mentale pregiudichi in maniera frequente il raggiungimento della soluzione di un problema. Se la nostra mente, addestrata così come è a classificare, a formare schemi, a costruire credenze e giudizi di valore, forma tutti i giorni i riferimenti concettuali e abituali del senso delle cose, tende a ripetere ciò che è acquisito, perché questo le consente da una parte di ottimizzare gli sprechi e fare economia cognitiva, di semplificare la realtà e di restituire agli stati affettivi una sensazione di sicurezza e di stabilità. Il rovescio della medaglia consiste nel limitare le possibilità applicative degli oggetti ed arnesi che magari utilizziamo nella quotidianità. Vari oggetti possono assumere di fatto funzioni che vanno oltre il motivo per cui sono stati pensati e vengono adoperati. Il classico libro che diventa il supporto da infilare sotto la gamba del tavolo che balla, riassestandone così l’equilibrio. Il mio libro sulla creatività avrà ottemperato perfettamente a questa funzione. 

_ Unità temporali ristrette di espressione creativa. Essere creativi è anche una questione di allenamento. Altra terribile convinzione è che alla creatività debba essere assegnato un angoletto temporale piuttosto ridotto, quanto basta per darci una rinfrescata da una vita vissuta come poco creativa. Forse sarà il caso di introiettare il principio creativo a tal punto che tale qualotà faccia parte di noi in modo del tutto naturale, come d’altra parte dovrebbe essere. Per questo sperimentiamo come non piacevole l’interruzione dell’esperienza creativa, specie se è stata bloccata in un momento di grande flusso, oppure se è condotta a comando o imbrigliata dentro una precisa cornice temporale. In pratica, non è che si è creativi dentro una certa fascia oraria. Se si è creativi, lo si è anche (e per certi versi soprattutto) quando si dorme.

 

    Percorsi e processi di creatività. Gestire l’idea creativa

La creatività non è soltanto improvvisazione. È stato detto. Se è vero che l’apoteosi del processo creativo potrebbe anche coincidere con uno slancio di grandi e poderose idee innovative e con un discreto potenziale di realizzabilità, è anche vero che la creatività consta di un percorso che ha una sua geografia processuale che merita di essere osservata e analizzata.

_ Raccolta di informazioni. Per generare una fluente corrente di idee creative, il processo deve tendere ad una organizzazione. È vero che l’Ordine nasce dal Caos, e quindi all’inizio si genera di proposito il Caos, con il preciso scopo, al tempo stesso, di creare quella stella danzante di nietzscheiana memoria. Ed ecco allora che il buon creativo identificherà con precisione il suo focusdi azione, provvedendo ad una dettagliata raccolta di dati sull’aspetto problemico che va affrontando.

_ Brainstorming (fase aperta). Successivamente, si rende senza dubbio necessario sviluppare idee non censurando nulla. Ogni idea ha diritto all’esistenza, perfino quella che sovvertirebbe le leggi della fisica e della logica, o le leggi stesse intese come norme giuridiche acquisite. Censurare solo la censura, insomma. Far detonare una miriade di pensieri senza curarsi del loro livello di fattibilità, credibilità o proponibilità.

_ Brainstorming (fase chiusa). Sarà conseguentemente necessario avviare una sorta di filtro che assolva la funzione di discriminazione e selezione fra dati rilevanti e dati non. Si potrà così procedere al seguente stepche prevede la ricombinazione delle informazioni rilevanti in strutture solutorie nuove.

Da un’ideale imbuto, si assiste in pratica all’uscita dal collo delle idee più potenzialmente funzionali. La mente sarà così chiamata ad investire su processi di re-interpretazione, fare confronti, analisi, sintesi e analogie, organizzare ribaltamenti di prospettiva e di punti di vista sul problema, divertendosi a rovesciare e ridimensionare il valore delle parti di un problema.

_ Stagnazione. È questa una fase che prevede uno stallo naturale. Ad un certo punto, applicando la creatività alla realizzazione di scopi utili e di soluzioni di compiti, si scopre che la realtà presenta limiti ed è capace di portare in emersione problematiche ancora ignorate e non considerate, rilevando inoltre una costellazione di variabili non del tutto controllabili o gestibili. Questo è il momento in cui si assiste in genere alla resa di fronte alle difficoltà. La differenza fra perseveranti e non è che i primi continuano, desiderano esplorare e vedere come va a finire. In pratica colgono la sfida. Il creativo è infatti uno che raccoglie la sfida. Questa è propriamente una sua caratteristica portante.

_ Fermentazione. Giunge una fase in cui si suggerisce di lasciar decantare le idee prodotte la atemporalità di questa fase richiede doti di pazienza e di costanza. Ciò che avviene, infatti, è una macinazione inconscia, lasciando che la mente lavori da sola, il più possibile decontaminata e protetta dai condizionamenti. La mente, nell’ambito del suo servizio alla creatività, rende meglio proprio quando viene messa in stand-by, evitando cioè di saturarla dalla fatica e dalla pressione. Si da così modo di eccitare un dialogo costruttivo e fecondo fra la conoscenza e l’intuizione, che si parlano in una dimensione lontana dal controllo cosciente, dando prima o poi luogo al verificarsi del fenomeno dell’insight: l’idea risolutiva apparentemente raggiunta per ’illuminazione’. Si tratta del famoso Eureka! Le idee migliori ci hanno raggiunto proprio mentre non pensavamo al problema. Sospendere la mente è una strategia preziosa.

_ Finalizzazione. La creatività è tale se è diretta a uno scopo. Non è fine a se stessa. La creatività è legata all’utilità, all’evoluzione, alla realizzazione, alla misurazione tangibile dell’idea di partenza. Se così non fosse sarebbe mera fantasia, che è invece una componente dell’intera faccenda.

Ebbene, forse sarebbe utile conoscere questo affascinante mistero che richiede ancora tanto studio e future scoperte illuminanti. Resta infatti ancora molto da fare per sgomberare il campo da equivoci a volte piuttosto grossolani, e quindi per dare alla creatività la giusta di licenza di esistere e di costituire quella preziosa risorsa che darebbe valore e dignità ad una cultura che attende di essere riscattata da un certo immobilismo passivo. La creatività è ciò che infatti non solo può rimette in moto certi ingranaggi fermi o rallentati, ma sostituire soprattutto quelli obsoleti. C’è nella creatività una forza di rilancio a tutto campo dell’agire umano, e che oltre a farci scoprire capaci di costruire, può aprire interessanti prospettive di trasformazione individuale e sociale.

La creatività può davvero nobilitarci ed elevarci a nuova vita, non abbiamo di che sperimentarlo, e fare nostri i precetti ed i percorsi che ci propone, purché ci disponiamo con atteggiamento accogliente e desideroso di profondi e necessari cambiamenti.

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