L’amore immaturo e l’amore maturo


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L’amore immaturo e l’amore maturo.  Li riconosci, sono diversi

L’amore, tra sorelle, fratelli, cugini, compagni, amici, genitori, amanti…l’amore insomma, parla chiaro, o è consapevole o è cieco.

Col tempo e con l'esperienza ho imparato a distinguere l'amore cieco e immaturo dall'amore consapevole e ho capito che quando l'amore immaturo prende il sopravvento dichiara guerra e il carnefice, la vittima e il salvatore, insiti in ognuno noi, si alternano con l'altro in questi ruoli infantili, senza via di uscita. A turno i litiganti si strappano simbolici brandelli di carne e mietono vittime. Le ferite che rimangono sul corpo dell'altro bruciano più di quelle che restano sul corpo proprio e l'odore acre del dolore copre ogni essenza di possibile bellezza che credevi acquisita.

L’amore cieco vaga nel campo familiare portandosi dietro pesi e fardelli che troppo spesso non appartengono neanche a noi. Spesso sono fardelli acquisiti e acquistati per una manciata di amore. Li compriamo da un nonno, da un genitore. Sono irretimenti.  Ci ritroviamo ad agire come avrebbero agito loro, a rispondere come avrebbero risposto loro. L’amore cieco ci fa restare bambini privi di ali proprie, bambini aggrappati alla famiglia di origine, incapaci a volare. L’amore immaturo ama ciecamente e ciecamente agisce. Senza rendersi conto resta imbrigliato in relazioni che non funzionano. Si autoconvince che la sua impossibilità a volare sia colpa di qualcun altro e pur di discolparsi trova scuse credibili a se sesso. E resta li, imbrigliato nella ragnatela tessuta dalla famiglia di origine.

 

 

L’amore immaturo gioca ruoli. Nel ruolo dell’ aggressivo tiranneggia, accusa, incolpa, ferisce, sminuisce, svaluta, critica, usa il suo potere, minaccia, è violento. Nasconde la sua paura, la debolezza. Porta con se la rivalsa per un compito lasciato a metà in passato. È’ temuto. È’ territoriale, il campo più vasto è il suo. Farebbe pipì ovunque per marcare il territorio.

Nel ruolo della vittima si sente inferiore, si auto svaluta, è debole, cerca sempre un persecutore o qualcuno che lo salvi per poter assecondare il suo vittimismo. Si lagna, non ama le responsabilità, cerca ‘capri espiatori’, manipolativo, cerca di insinuare nel persecutore il senso di colpa perché ha deciso che è lui la causa del suo male. Soffre e spera sempre che sia l’altro a cambiare. Ha un forte potere di coalizione e richiama le attenzioni di tutti. Fa combutta con più persone per evitare di sentirsi rifiutata e perché crede di aver bisogno dell’aiuto degli altri per pensare e agire.

L’amore immaturo gioca anche il  ruolo del salvatore,  agisce sembrando buono ma nasconde bisogni personali. Si prodiga per gli altri e si sostituisce spesso a lorosvalutandone le capacità di agire, pensare e gestirsi in modo autonomo avvalorandone così il senso d’impotenza e d’inadeguatezza. Si attribuisce valore nella misura in cui è utile agli altri evitando così di sentirsi vittima. Ha bisogno di vittime intorno a sé per continuare il gioco. Possiede una grande capacità di cogliere e comprendere i problemi altrui per  questo mostra la propria fragilità quando deve confrontarsi con le insidie della triangolazione prendendo le parti della vittima e difendendola dal persecutore.  Prodiga i suoi sforzi, investe le sue energie, mobilita la sua attenzione e le risorse a favore della vittima. Perdona alla vittima le sue debolezze e i suoi errori giustificandone il rifiuto di affrontare la realtà. Condanna il potere del persecutore e soccorre la vittima senza capire fino in fondo il potere che essa possiede. Così facendo il salvatore conferma alla vittima la sua fragilità. Finisce per fare più di quanto gli spetta congratulandosi con se stesso per la propria abilità, forza, generosità entrando nel triangolo drammatico delle relazioni ‘bambine’.

Ma nulla è statico nell’amore immaturo e tutto si mette in moto avviando l’ingranaggio per lo scambio dei ruoli e i soggetti rimangono imprigionati in uno dei tre ruoli. La vittima può diventare o il salvatore con il suo fardello ormai troppo pesante e si ribella o il persecutore con i sensi di colpa o perché i difensori della vittima si vendicano.

 

L’amore maturo trasforma se stessi e le relazioni, toglie i veli dagli occhi e nella consapevolezza si impara a riconoscere la propria posizione, si diventa padroni delle proprie azioni, ci si libera dagli irretimenti familiari e si impara ad evitare di giocare ruoli.

L’amore maturo è dato dalla consapevolezza che si riesce ad affermare se stesso agendo nel proprio interesse personale, senza bisogno tiranneggiare e di punire qualcuno o di appropriarsi di tutto il territorio. Riesce a far comprendere in modo chiaro le sue necessità e i suoi bisogni, negozia in modo onesto il suo posto e esprime apertamente la sua opinione.

L’amore maturo esprime la propria sana vulnerabilità senza cadere vittima e il salvataggio si trasforma in una posizione di responsabilità. L’amore maturo riconosce la propria fragilità momentanea  ma riconosce di possedere abilità e competenze adeguate per fronteggiare le difficoltà. La vulnerabilità assume un carattere transitorio e passeggero. L’individuo può aver bisogno di aiuto ma non si affida  totalmente agli altri per risolvere le sue difficoltà. Risolve i suoi problemi in base alle capacità di cui dispone. La persona responsabile si distingue dalla figura del  salvatore perché presta il proprio aiuto in base al ruolo che riveste e non investe mai le proprie energie in modo eccessivo e spropositato.  Non si schiera mai dalla parte del buono o del cattivo ma si concentra sulla qualità del legame che desidera venga creato, sulla responsabilità, sull’equilibrio dei comportamenti. L’amore maturo è responsabile e ricerca responsabilità negli altri facendo leva sul loro potenziale per agire o reagire di fronte agli eventi.

 

Doris e Lise Langlois nel loro libro Psicogenealogia. Capire, accettare e trasformare l'eredità psicologica familiareaffermano: “l’adeguato riconoscimento della propria vulnerabilità, la concretizzazione della propria affermazione e il riconoscimento della propria parte di responsabilità ci permetteranno di sottrarci dal triangolo drammatico.

 

Anche se hai assaporato come ci si sente a sentirsi connessi con il mondo; anche se hai capito cosa è la fiducia, l'apertura, la bellezza, la capacità esponenziale di imparare a ricevere da ognuno senza limiti; anche se hai imparato a guardare occhi lasciandoli entrare nella tua anima permettendogli di leggerti; anche se hai imparato che puoi brillare di luce propria ma che i riflessi di luce che ti arrivano dall'altro ti sono indispensabili per vedere meglio; anche se hai imparato a sentirti ricettivo e leggero e hai intravisto la tua forza interiore ricordati che il potere coercitivo del tiranno o della vittima che dormono in te correranno il rischio di rapirti il sistema vago e di scipparti l’amigdala facendoti ricadere nella stupidità più totale dell’amore cieco. L’unica possibilità è riappropriarti dell’adulto che c’è in te e sottrarti con un inchino al conflitto.

 

Alejandro Jodorowsky:

 Un bambino entra in casa e, piangendo, si precipita fra le braccia della madre. Ha un graffietto sulla faccia.

“Quel maledetto bambino mi si è buttato addosso e mi ha picchiato!” si lamenta tra i singhiozzi.

“Povero piccolo mio, lo sai come si chiama chi ti ha picchiato?” chiede la madre, commossa per il dolore del figlio.

“No, non lo conosco.”

“E allora come facciamo a identificarlo?”

“Non lo so, ma forse questo può aiutarci: ho in tasca il suo orecchio.”

 

Sono tante le persone che si credono vittime anche se hanno strappato l’orecchio al loro nemico. Sul piano psicologico, la vittima non è sempre chi crediamo che sia.

Patrizia Aminta Infantino, Counselor Olistico Pedagogico, Docente di Sostegno Scuola Superiore di primo grado

 

 

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