Lucrezia

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famiglia a letto

Si vede bene solo con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.

Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943

 

Lucrezia è una bimba dallo squardo azzurro. E’ capace di riempirti la giornata senza che te ne renda conto, o meglio, te ne accorgi perché la sera sei stanco. Desideri il letto per goderti in pace un film o un libro: illusione! Lei è lì che dorme e ogni tanto invade la tua parte e visto che dorme in mezzo, tra papà e mamma, distribuisce invasione in egual misura. Svegliarsi di notte con un paio di piedini addosso mal si associa al riposo. Perché sta nel letto dei genitori e non nel suo lettino? E’ una storia lunga ma premetto che nulla valgono i consigli di psicologi o neuropsichiatri che prospettano problemi di varia natura. Lei sta lì perché ciò la rende felice e perché papà e mamma, nonostante i ripetuti autoproclami di metterla nel lettino, continuano a tenersela in mezzo in quanto li rende felici.

Che vuoi che sia un sonno altalenante quando senti il contatto dei suoi piedini.

 

Il lettino ormai è un accessorio estetico. C’è stato un periodo nel quale dormiva lì ma poi si svegliava la notte, si metteva in piedi e con le mani appoggiate alla sponda ci osservava attendendo pazientemente che qualcuno si svegliasse per trasportarla nel lettone. A volte, se aveva fretta piangeva, così il “salvataggio” avveniva rapidamente. Lucrezia, che ha ormai quattro anni, non parla, non ha mai parlato. Dice solo papà, a volte a squarciagola. La parola mamma la pronuncia al risparmio dicendo solo ma…

Ultimamente ha introdotto anche “zitta” portando il ditino sulla bocca. Strano, ma forse ha capito come va il mondo. Con fatica pronuncia anche qualche altra parolina. Non ha un linguaggio strutturato anche se negli ultimi tempi ha iniziato a utilizzare i termini in modo referenziale.

Imita anche qualche verso di animali: ih oh (asinello), oh oh (cavallo), ao (gatto), poi c’è l’elefante, Peppa Pig, e l’ormai famigerato coccodrillo. Gli abbiamo fatto ascoltare la canzoncina “il Coccodrillo come fa?” ed è stata la nostra rovina psichica. Coccodrillo a colazione, pranzo e cena, a passeggio, in vacanza e in auto. Per superare tale impasse abbiamo pensato di introdurre altre canzoncine. Ecco sorgere “ci son due coccodrilli, il caffè della Peppina, il ballo del qua qua, Whisky il ragnetto, la bella lavanderina”. Risultato coccodrillo, coccodrilli, Peppina, qua qua, ragnetto e lavanderia a colazione, pranzo e cena, a passeggio, in vacanza e in auto. Canzoncine che vuole ascoltare sempre dal mio smartphone. Come arrivo a casa mi indica la tasca dove lo tengo abitualmente. Poi è iniziata la passione per le campane. Quando vede un campanile si ferma ad osservare sperando che sia l’ora in cui le campane suonano. Così ho scaricato filmati da youtube in cui si vedono le campane suonare.

Che dire poi della passione per il Mascarpone, la maionese, i taralli, il formaggio Brie?. Un dietologo si metterebbe le mani nei capelli.  Ma Lucrezia è così, straordinariamente unica. Pur tra tante difficoltà connesse alla sua condizione, è capace di riempire la tua vita in modo incredibile e malgrado il suo problema, a suo modo comunica. La diversa intonazione di un ah ah, accompagnato dai gesti della manina ci fa capire ciò che vuole. Un estraneo farebbe sicuramente fatica a comprenderne le richieste.  Per facilitare la comunicazione abbiamo dovuto acquisire un metodo alternativo: la chiamano comunicazione aumentativa alternativa. In pratica si insegnano alla bimba dei simboli che poi utilizza per comunicare. Facile a dirsi complicato a farsi. In casa devi etichettare con i simboli qualsiasi cosa. Armadi, forno, frigorifero, cucina, porte, finestre, caloriferi ecc.  Bisogna schedare tutto. Un estraneo che entrasse in casa probabilmente si farebbe qualche domanda su tale “stranezza”. La bimba ovviamente si diverte a staccare i simboli, attaccati col velcro, e a disseminarli per casa.  Poi, attraverso un software apposito, bisogna fare le tabelle con i vari alimenti, costruire storie con i simboli. Mamma e papà  hanno dovuto seguire un corso formativo per costruire il mondo simbolico che gravita attorno a Lucrezia. Insomma è un’impresa impegnativa rivoluzionare le nostre abitudini comunicative. Nel mio intimo confido che Lucrezia un giorno possa parlare normalmente. Rimane una fiducia nel futuro che non tiene conto degli aspetti razionali.

Lucrezia ogni tanto si “assenta”. Succede all’improvviso quando meno te lo aspetti. L’epilessia è una patologia che ti fa stare sulle spine. All’improvviso sbarra gli occhi e se ne va da qualche parte. Inutile chiamarla, non c’è, a parte qualche movimento automatico. Devi solo attendere 5-6 minuti il tempo necessario per ritornare tra noi, minuti che a noi sembrano sempre un’eternità. Inevitabile la domanda “quanto tempo è passato dall’uscita precedente?”. Col tempo si instaura una rassegnata abitudine a questi viaggi, nel senso che non provi lo spavento degli esordi, ma intimamente la rabbia rimane. Perché proprio a Lucrezia? Visite, ricoveri, analisi, psicomotricità, logopedia sono entrati nel quotidiano. Si fanno strada domande che prima non ti ponevi: “Dio dove guarda?”, “Perché è successo?”. Non ci può essere risposta, se non nell’accettazione della situazione. Solo accettandola puoi cercare di individuare altre strade, aprire la prospettiva a soluzioni alternative. Il rifiuto, la negazione ti rinchiudono nel problema, ti insabbiano nel dolore e nella rabbia. Accettazione dicevo, non rassegnazione. La speranza prevarica sul dolore e apre le porte del futuro. I piccoli passi avanti, una parolina in più, un gesto diverso di Lucrezia regalano sempre un sorriso. E’ una bimba molto amata per via della sua tenerezza, affettuosità e dolcezza. Quando la vesti non manca mai di darti una carezza sul viso o un bacio, come se volesse ringraziare per l’attenzione che le prestiamo. In quel momento ti rendi conto che siamo tutti quanti uniti e che in qualche modo ce la faremo. Il tutto è riassumibile nella parola amore, parola spesso abusata ma che si ritrova solo nel tangibile e a volte estenuante esercizio quotidiano. A tavola ultimamente allunga le braccia e mi chiama perché vuole darmi una carezza. E’ una bimba che regala momenti indimenticabili di dolcezza.

Il confronto con gli altri bambini è spesso inevitabile. Quando sei al parco o alla scuola materna e osservi gli altri bambini di pari età che comunicano e si muovono più agevolmente i pensieri si rincorrono:“Avrà difficoltà nel futuro? Riuscirà ad integrarsi nel mondo dei “normali”?”. E’ l’inquietudine del domani che si abbraccia al senso d’impotenza che fa capolino nei periodi di stanchezza.  

In questi ultimi anni, stando vicino alla mia bimba, ho però imparato che il confronto non ha molto senso. Il concetto di normalità è ambiguo. L’idea che ci si debba adattare all’organizzazione sociale è perversa. Dovrebbe essere il contrario ma attualmente si tende a ghettizzare. Rinchiudersi non ha alcuna utilità se non l’effetto di incrementare il dolore ed il senso di isolamento. Io non ho alcun timore a rivelare le difficoltà di mia figlia. Perché dovrei? Non provo alcun senso di colpa o di vergogna. Sono orgoglioso della mia bimba. E’ parte di me, della nostra storia di genitori, del nostro quotidiano. Rappresenta la vita e da quando c’è Lucrezia mi riesce ancor più difficile comprendere una scelta di abortire un figlio e ancor meno l’eutanasia o la manipolazione embrionale. Pratiche assurde ed arroganti, mascherate da pietà, che tolgono la possibilità di essere amorevoli verso qualcuno. La verà pietas sta nell’accudimento, nella cura di una vita non nella sua soppressione. Chi sostiene il contrario a mio giudizio è un grande ipocrita.

Certo nella realtà della vita quotidiana ti devi scontrare continuamente con istituzioni che non hanno alcuna consapevolezza di cosa possa significare “integrare” un disabile. Non si attendono soluzioni messianiche ma almeno garanzie sulla continuità educativa a scuola per fare un esempio eclatante. Le istituzioni pubbliche spesso ragionano in termini di risorse economiche, limando le ore di assistenza educativa alla scuola materna come se tale richiesta fosse un lusso da concedere. Un lusso che lascerei volentieri a certi burocrati della pubblica amministrazione. In alternativa devi accedere a centri specialistici che sono lontani da casa, sobbarcandoti i disagi del viaggio, cercando di conciliare  le uscite con gli orari di lavoro. Spesso ho consumato giorni di ferie per un ricovero della bimba o per accompagnarla a visite a 50-60 km da casa. Per Lucrezia farei di tutto, non mi pongo il problema, ma non ritengo giusto che uno Stato che si vorrebbe definire civile ti renda la vita ancor più complicata. Il basso tasso di natalità è un indice che stimola numerose riflessioni nonché prese di posizione ma purtroppo i legislatori continuano imperterriti nella loro ottusità mettendo in difficoltà intere famiglie. Il ricorso a strategie euristiche da parte delle stesse può determinare conseguenze negative per questo è importante un processo di accompagnamento, di sostegno, di deburocratizzazione.  Capita nell’ambito delle relazioni umane che, a fronte delle difficoltà di Lucrezia, intravedi sguardi di commiserazione. Sono gli sguardi più fastidiosi, più ipocriti. Mi ricordano gli sguardi delle pettegole che dopo un funerale vanno al bar.  Raramente abbiamo udito la spontaneità di un offerta di aiuto. Come disse Machiavelli “Ognuno vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei”.  Quando capita una disabilità alla fine si rimane sempre soli.

A Lucrezia piace immensamente la natura. L’acqua ad esempio è il suo elemento. Starebbe in acqua per ore. Come l’acqua adora fiori e piante, forse perché poche ore prima di nascere la mamma stava su una panchina all’ombra di un salice. Ogni mattina quando la porto alla scuola materna vuole sempre che le strappi un foglia da tenere nella manina per lanciarla poi nel prato della scuola. Questa passione per le foglie si estrinseca ogni volta che usciamo per una passeggiata. Se vede dei fiori in un prato vuole che glieli cogli. Chissà forse da grande farà la fiorista.

Lucrezia frequenta la scuola materna dove fortunatamente ha trovato maestre amorevoli e attente. E’ riuscita a “corrompere” Tina, la cuoca, che ogni mattina la porta in cucina a prendere qualche biscotto intinto nel caffè. Il caffè è una delle sue passioni alimentari che limitiamo per ovvi motivi. E’ divertente osservare l’espressione del viso di un cameriere quando al bar ordiniamo gelato per i genitori e un caffè con la panna per la bimba…

Anche Lucrezia come tutti i bambini ha i suoi giochi preferiti. Titti, il peluche canarino dei cartoni di gatto Silvestro, è al primo posto. Lo abbiamo addirittura comprato, da genitori patologici, in duplice copia così se ne perde uno…. L’estate scorsa al mare lo fece volare dal terrazzo dell’hotel sul tetto della sala ristorante. La richiesta di recupero venne esaudita alla reception con molta disponibilità. Tornare a casa senza Titti sarebbe stato un trauma. Quando vede Titti lo abbraccia, lo bacia e dato che i bacetti li dispensa spesso dopo aver mangiato, il giallo canarino è chiazzato da macchie di nutella, pesto e biscotti, di conseguenza è frequente trovarlo nel cestello della lavatrice e poi sullo stendino ad asciugare. A proposito di lavatrice, Lucrezia spesso si inginocchia davanti all’oblò per osservare il movimento rotatorio. L’urlo della mamma testimonia che ha girato qualche manopola sfasando tutti i programmi di lavaggio. Poi c’è Whisky (il nome Hoppig non ci sembrava adeguato) il cane acquistato all’Ikea che dopo un anno di localizzazione nell’auto della mamma si è trasferito in casa. Nell’auto di papà rimangono un gatto e un topo (Topone, perché Gosis Ratta non ci sembrava adeguato). Recentemente abbiamo acquistato il gioco in legno composto da pioli e martello pensando di insegnarle a prendere la mira col martello. Ma i bambini spesso ti stupiscono: le martellate di Lucrezia erano precise ed efficaci senza che nessuno le avesse spiegato cosa dovesse fare. L’altalena è un’altra delle sue passioni: ci starebbe ore seduta a dondolare. E’ altalena dipendente.  Si può dire che l’altalena situata nel parco giochi sotto casa sia ormai esclusiva di Lucrezia. Mentre dondola le piace osservare gli altri bambini che giocano e sorride.  Ovunque si vada è in grado di individuare la localizzazione delle altalene. L’ha trovata persino a Montecarlo…

Ma ciò che la appassiona sin dai primi mesi è leggerle le storie. Così si sono succedute nel tempo la collezione dei libretti della Nuvola Olga, Giulio Coniglio e Peppa Pig (tuttora in auge). Peppa è una prestazione fissa quotidiana. Ormai si è sciroppata, anzi ci siamo sciroppati,  più di 70 episodi di Peppa Pig sul lettore CD. Il clou è stato l’abbraccio con Peppa in un parco divertimenti. Se i libri sono stati la sua prima passione ora si sono aggiunti i giornali. Ogni giorno dopo cena rimane seduta al tavolo a sfogliare le riviste che mamma le mette a disposizione una volta lette. Ogni tanto si sente lo strappo di qualche foglio che papà prima di portarla a nanna raccatta da terra. Ogni sera c’è la raccolta di fogli,  pasta finita sotto la sedia, pezzi di pane o biscotto...

Dio dove guarda?” ho scritto sopra. Lucrezia spesso vuole entrare in Chiesa per accendere una candelina. Vuole sempre salire sull’altare per dare una carezza o un bacetto al Crocefisso. La candelina invece la accende a Papa Giovanni che poi saluta mandandogli un bacetto col gesto della manina. A volte mi sono chiesto se nelle sue assenze in realtà vada ad incontrare il divino. Lucrezia mi fa pensare che qualcosa di mistico vi sia nel suo sguardo, nel suo modo di rapportarsi col mondo. Forse sembrerà un paradosso o una bestemmia ma Lucrezia non la vorrei diversa. Così com’è riempie la nostra vita, ci regala gioie e dolori ed un amore incondizionato. Lucrezia è la bimba più bella e dolce del mondo.  Lucrezia è una sfida al concetto di normalità. Alcune persone, le più sensibili ed empatiche, riescono a catturare l’attenzione di Lucrezia, o meglio, Lucrezia le sa individuare con sicurezza come se intuisse che lì si nasconde il bene, il disinteresse e l’affetto autentico.  Se la mia bimba non fosse così sarebbe la  stessa, avrebbe le medesime qualità? E il nostro modo di volerle bene sarebbe diverso?  Sono domande che non danno spazio a possibili risposte.  Lucrezia arricchisce il mondo e se il mondo la relega ai margini, la isola, la considera una persona che non può dare un contributo all’evoluzione umana, il mondo stesso perde la possibilità di affermare la propria umanità e dignità.

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