Il presente nel sogno e la tridimensionalità della dimensione temporale


riccardo zerbetto

In riferimento a Perls e alla sua prospettiva, Zerbetto mette in evidenza alcuni aspetti che definiscono il lavoro sul sogno in ambito gestaltico, con un’attenzione particolare nel comprendere il processo morfogenetico dell’immagine e della sequenza onirica, intesi come espressione del processo creativo che integra aspetti della storia passata, fattori attuali e movimento prospettico nell’evoluzione del sé.

Per l’autore “il sogno ha già un valore autocurativo di per sé”,[1] in coerenza alle conoscenze del versante neurofisiologico che ribadiscono la funzione integrativa dell’attività onirica. Il semplice narrare l’episodio onirico costituisce un’opportunità di manifestare contenuti inconsci e rispecchiare la parte cosciente su di essi; tentare di comprenderli è utile nel consentire il processo che consiste nel rimanere con questi elementi dal momento che affiorano.

E’ importante parlare del sogno, utilizzando il tempo presente, per due motivi principali: perché, non a caso, quei particolari e specifici contenuti si manifestano in questo dato momento e anche perché il parlare al presente favorisce la riattualizzazione dei contenuti onirici, anche se sono lontani nel tempo.

 

Riguardo questo aspetto, Zerbetto parla di “tridimensionalità della dimensione temporale”,[2] intesa come impossibilità dell’esistenza di ogni dimensione temporale senza le altre due, cioè della compresenza di presente, passato e futuro.

Parlare del sogno al presente vuol dire farlo rivivere, entrare in esso nella pienezza, lasciare spazio alla possibilità dell’esperienza di penetrare nel proprio sogno attraverso un movimento catartico-espressivo che rende più leggero il carico emozionale-cronico legato a situazioni, in particolare se traumatiche, rimosse o retroflesse.

Zerbetto ribadisce che per Perls l’idea di rimozione è un assurdo; la cosa importante è capire il concetto di proiezione. Ogni sogno contiene già tutto il materiale che serve, anche se è difficile comprendere l’idea della frammentazione, in quanto le diverse parti sono disperse qua e là. Il compito è quello di mettere insieme i pezzi in parti dotate di senso; il problema è che spesso permangono impedimenti al processo assimilativo, es. un pregiudizio contro l’aggressività può ostacolarmi nel riconoscere come mia una pulsione aggressiva, portandomi a proiettarla su altri.

Perls ritiene che soprattutto grazie al sogno è possibile instaurare un dialogo tra le polarità contrapposte, dimensioni congruenti e conflittuali; esse possono accedere in un processo di conoscenza reciproca che conduce all’apprezzamento delle differenze, alla comprensione, all’unità e integrazione delle forze contrapposte.

Zerbetto sottolinea che il lavoro esperienziale prevede una presa di contatto tra le parti, in particolare quando le stesse si palesano in rapporto evitante, conflittuale o diviso. Tra sonno e veglia, il sogno rappresenta lo spazio intermedio dove il bianco e il nero giungono in contatto, oltrepassando l’irriducibile incomunicabilità, nella difficoltà del sognatore di identificarsi col buio della notte oltre che riconoscersi solo nella luce diurna. Da qui il bisogno del counselor di accrescere l’attitudine ad un accompagnamento negli inferi fondato su sensibilità e competenza. Con l’immaginazione attiva, entrando nel proprio sogno, il cliente potrà assumersi la soggettività consapevole del percorso onirico, anche approfondendo eventuali autointerruzioni del sogno, che potranno fornire utili informazioni sui nostri meccanismi evitativi e sulle modalità con le quali poniamo un fermo ai nostri processi evolutivi.

Soltanto in questo modo, attraverso questo lavoro, può diventare chiaro il messaggio esistenziale che il sogno porta con sé. Perls ritiene che il messaggio esistenziale condotto dal sogno sia completo in quello specifico momento della vita del sognatore, in quanto sottolinea, con molta enfasi, la sua convinzione che il sogno contenga tutto: “Nel sogno, o nel perimetro del sogno, nell’ambiente del sogno, troviamo tutto quel che ci serve. Ci troviamo la difficoltà esistenziale, la parte mancante della personalità, tutto quanto. E’ una specie di attacco frontale al cuore della nostra non-esistenza. Il sogno ci dà un’ottima occasione per scoprire i buchi della nostra personalità. (…) Allora, se capite il significato di ogni momento in cui vi identificate con un certo frammento del sogno, ogni volta che traducete un esso con un io, guadagnerete in vitalità e potenziale”.[3]

 


[1] Riccardo Zerbetto, La Gestalt. Terapia della consapevolezza, Milano, Xenia, 1998, p.116

[2]Riccardo Zerbetto, La Gestalt. Terapia della consapevolezza, Milano, Xenia, 1998, riportato in Edoardo Giusti, Veronica Rosa, Psicoterapie della Gestalt. Introduzione dell’Evoluzione Pluralistica cit.,  p. 304.

[3]Fritz  Perls, Gestalt Theraphy verbatim, Real People Press,1969 (tr. it. La terapia gestaltica parola per parola, Roma, Casa Editrice Astrolabio – Ubaldini, 1980, p. 79).

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