SOFFERENZA E RESILIENZA: processi interfacciati di crescita ed evoluzione

Inviato da Nuccio Salis

palla sottacqua1. E se la sofferenza fosse acquisto di energia potenziale? Se spingo un pallone sottacqua esso viene visibilmente affondato, ma al tempo stesso, la pressione che riceve secondo un principio fisico di azione-reazione, sta controbilanciando la forza della spinta che ne determina la discesa. Quindi, l’energia cinetica indotta al pallone, dall’altra parte sta diventando energia potenziale che, appena verrà rilasciato il pallone si trasformerà in altrettanta energia dinamica, col risultato che il pallone risalirà prepotentemente a galla schizzando fuori dall’acqua. Quindi, mentre veniva messo giù, in realtà il pallone diventava più forte, più potente e più vigoroso, pronto all’ascensione.

Questa immagine non può avermi lasciato indifferente, perché mi sembra una pertinente metafora per quel che riguarda anche la vita delle persone. Gli eventi della vita spesso ci schiacciano, ci opprimono fino a darci nettamente l’impressione di affondare e di essere seppelliti da problemi e condizioni problematiche che non riusciremo a gestire. La sofferenza può condurci in fondo all’abisso. E nel mentre che ciò avviene, una controforza sta sviluppandosi in opposizione alla spinta avvertita verso il basso. Probabilmente all’inizio essa non verrà avvertita, proprio come non è possibile vederla nel pallone che viene sospinto giù nell’acqua. Successivamente, con tempi e modalità estremamente soggettivi da individuo a individuo, comincia anche ad agire una nuova forza costruttiva che desidera risalire la china. È probabile che all’inizio si tratti di una sorta di resistenza passiva, di un atteggiamento iperadattato che cerca di accettare l’inaccettabile, e che più avanti essa possa trasformarsi in volontà di comprendere e fronteggiare l’avvenimento causante sofferenza, implicando una rigorosa rivoluzione interiore del proprio dinamico psichismo. Le tappe con le quali si determinano tali atteggiamenti variano sensibilmente da soggetto in soggetto, in quanto l’evento generatore di sofferenza assume la sua valenza soprattutto in ordine alle risorse di cui ciascuno di noi dispone sia in termini di efficienza pratica che di qualità di profilo personologico.
Quel che conta è che mentre affondiamo stiamo già rinascendo, come il bruco che viene avvolto dalla chitina, e che osservandolo occorrerebbe un gran sforzo di immaginazione nel pensarlo come un futuro macaone variopinto che si libra libero per i boschi. La sofferenza, soprattutto se poi questa è legata al sacrificio a favore di altri, è rinascita eterna, poiché è un atto d’amore talmente assoluto e gratuito che non può conoscere la morte (amore deriva da a-mors, cioè “senza morte”, quindi Eternità), e ci sigilla in una immagine da cui ogni male rifugge. Questo, per esempio, è ciò che insegna Gesù Cristo nella croce.
Certo, a chi non viene da gridare, al parossismo della sua sofferenza: “perché tutti mi avete abbandonato?” Trovo che sia anche umano e naturale sentirsi soli, fragili e incapaci, durante la sofferenza.

2. La natura umana è stata dotata anche di un buon bagaglio per poter rispondere alle sollecitazioni urtanti e spiacevoli lungo il corso dell’esistenza. Tale armamentario custodisce tutte quelle qualità e caratteristiche che portano ciascuno di noi ad esercitare la propria volontà di reagire attivamente alle turbolenti istanze della vita, senza cercare di ignorarle o annullarne, quanto piuttosto di prospettare in modo proattivo un piano di vita che ci possa condurre verso il ritrovamento della luce e il prosieguo di un nuovo cammino di maturità e consapevolezza. Gli elementi di tale corredo personale, più o meno sviluppato in ciascuno di noi, ma sempre in corso di aggiornamento e formazione, possono essere fatti ricadere all’interno di una qualità che viene denominata resilienza.
Secondo il paradigma esplicitato nel paragrafo precedente, essa si porrebbe secondo un rapporto di continuità con la sofferenza, ovvero come elemento che interfaccia l’intero fenomeno dinamico ed esistenziale che connatura la vita secondo una certa ciclicità di morte-rinascita, che richiede il superamento della visione dualistica per comprendere e gestire efficacemente il valore di tale intreccio fra sofferenza/resilienza.
Quali possibilità concrete abbiamo per poter attivare la competenza resiliente, e quindi dare avvio a strategie più o meno sofisticate ed efficaci di fronteggia mento verso le difficoltà offerte dalla vita?
Vediamo quali sono, in letteratura, i principi di resilienza che sono stati identificati:
a). Valori: Possedere valori significa avere un quadro di significati e di principi che possono costituire le mete ed i bisogni dall’imprescindibile chiarezza. Essi ci aiutano ad attribuirci valore, a sentirci interiormente ricchi, a quindi a motivarci per attingere forza per difendere le cose alle quali crediamo.
b). Atteggiamento: La forza di proporci percorsi alternativi dipende da cosa siamo disposti a perdere ed a rinunciare rispetto anche a noi stessi. Se tendiamo a conservare e ad essere chiusi ci ostacoliamo da soli, se invece mostriamo flessibilità, apertura, desiderio di esplorare, meglio ci concederemo all’avventura del cambiare, e quindi a pianificare la resilienza.
c). Competenza sociale: Assoluto ed immancabile valore di resilienza, la capacità di integrarsi in un gruppo e promuovere alleanze affettive, condividendo pari obiettivi, sviluppando l’interdipendenza relazionale, pone ciascun individuo nella possibilità di ricevere aiuti decisivi per la propria rinascita. Ricordiamoci che essere resilienti non significa per forza essere orgogliosamente soli. Farsi aiutare, laddove necessario, è una competenza resiliente.
d). Competenza emotiva: Si è più resilienti quanto più si è sintonici e congruenti col proprio mondo emozionale, lo si sa riconoscere nelle sue varie sfumature, lo si sa interpretare nei suoi vissuti, lo si sa identificare alla luce dei bisogni e da esso medesimo vi si ricavano gli obiettivi e le strategie per un’azione pianificata. Non tutte le persone in stato di particolare bisogno e sofferenza possono raggiungere tale grado di competenza, ed ecco che proprio in tal caso si può affiancare il professionista dell’aiuto.
e). Potere: Riconoscersi capacità e potenzialità attivandosi per attuarle. Darsi potere è inteso nell’accezione di sviluppare il proprio potenziale latente, ricorrendo alla propria volontà ed all’assunzione di un nuovo ed esaltante progetto di vita.
f). Senso di appartenenza: È considerato grande fattore di resilienza sapere di appartenere, in quanto ciò offre sentimenti di partecipazione, protezione, intimità, ed avvia processi identificativi che strutturano e che più facilmente possono far ricorrere a condividere ed esplicitare la propria richiesta di bisogno.

3. A tali suddetti fattori di resilienza mi permetto di aggiungere altre variabili, a dare man forte a una serie di elementi che caratterizzano l’Io resiliente e la sua capacità attiva progettuale:
_ CONDIZIONE GENERALE DI SALUTE E BENESSERE: Per potersi attivare dentro un percorso di riscatto ridecisionale, le condizioni di salute, soprattutto a livello psicofisico, devono consentire al soggetto una sufficiente forma e funzionamento, per attendere ai progetti ed agli obiettivi preposti.
_ AUTOSTIMA ED AUTOEFFICACIA: Sentirsi persone di valore e capaci di fronteggiare, o comunque di imparare nuove strategie, ammortizza in modo non certo trascurabile le difficoltà contundenti della vita.
_ RICONOSCIMENTO PROPRI BISOGNI: Avere consapevolezza e lucidità circa i propri bisogni aiuta a muoversi entro un piano di realtà la cui lettura può avvenire il più possibile vicina all’orizzonte autentico entro cui sappiamo o possiamo riconoscerci.
_ CREATIVITA’: Soprattutto intesa come atteggiamento che ci apre ad esplorare il nuovo senza rifuggirlo, ad essere curiosi, esplorativi, sperimentatori attivi, pieni di dubbi e domande da soddisfare. Una “crisi” personale, con gli occhi della creatività viene più facilmente accolta anche come opportunità di crescita e rifondazione di se.
_ UMORISMO: Una potente lente distorcente sulla negatività, che può ridimensionarla in un orizzonte grottesco esorcizzandone il carico malevole. L’umorismo mostra ed esplora sfaccettature impensate, assottiglia il turbamento psichico e fa rimanere consapevoli dell’esistenza della luce, del bello, di ciò che ci aspetta. È una incredibile iniezione di coraggio.
_ CONOSCENZA: La mente che conosce ha più strumenti per interpretare, comporre mosaici di significato, trova con più facilità i nessi causali fra i fenomeni. Se gestita senza eccessi di saturazione o cerebralismo, essa può rivelarsi un ottimo fattore di resilienza, soprattutto come possibile risorsa di verifica e monitoraggio del proprio percorso.
_ SPIRITUALITA’: La consapevolezza della propria trascendenza aiuta a prendere le ferite dell’anima come carico di ulteriore crescita ed evoluzione, da cui nascerà il nuovo. In essa è possibile trovare il sanante conforto e la salvezza.
_ CURIOSITA’: Mantenere uno spirito curioso e indagatore previene lo scollamento con la realtà, e apre a una moltitudine prospettica di sguardi su ogni cosa e quindi anche su di se, elevando sensibilmente le possibilità di reinterpretare il proprio percorso anche nel qui e ora.
_ APERTURA MENTALE: Darsi la possibilità di divertirsi a pensare che siano soprattutto le proprie rigide strutture di pensiero a collocare e quindi a vivere la realtà in un certo modo. Favorire l’apertura del pensiero allenandosi a rovesciare punti di vista, idee, ipotesi, autoconfutando le proprie prove.
_ COMPETENZE SPECIFICHE: Ciascuno di noi ha doti da spendere, attitudini mediante le quali emergere, e grazie alle quali può collezionare gratificazioni e riconoscimenti, anche a costo di fatiche. Individuare e portare in espressione le proprie capacità è un modo resiliente per darsi valore e fare il pieno di “carezze”.
_ RETE SOLIDALE DI AFFETTI: Si può essere isolati nella sofferenza? Potrebbe essere fatale non ricevere nessuna forma di aiuto. Poter contare su legami ed alleanze intime e funzionanti è un gran punto di forza.
_ INTERESSI: È la mia canzone preferita, con bambini e ragazzi, lo dico sempre: abbiate interessi nella vita, trovate i vostri interessi puliti ed essi automaticamente vi apriranno strade colorate di senso, e ne il disagio né la noia potranno turbarvi o tediarvi. Gli interessi sono legati a doppio filo alle motivazioni, alla capacità, e tengono vivi perché sono la molla delle nostre attività.
_ PROGETTI E OBIETTIVI COSTRUTTIVI: Se aspiriamo a qualcosa abbiamo un salvacondotto per la vita. Avere mete significa aver individuato importanti istanze vitali da soddisfare e portare a compimento. Il progetto ci da il mandato per vivere, ci autorizza a continuare.
_ OPPORTUNITA’: La realtà diventa più vivibile se intorno a ciascuno di noi esistono effettive risorse disponibili atte al soddisfacimento degli interessi vitali. Se non ci sono possono essere create, nei limiti delle possibilità presenti nel territorio entro cui ci si attiva.
_ MODELLI DI SVILUPPO POSITIVI: Poter contare su modelli edificanti a cui ispirarsi è un irriducibile fattore di resilienza. Aver interiorizzato modelli competenti dal punto di vista emozionale, comunicazionale e comportamentale può aiutare ad espletare forme del vivere che aiutano nel fronteggiamento alle difficoltà.
_ GRATIFICAZIONE NEL PROPRIO RUOLO SOCIALE E LAVORATIVO: Poiché letto al contrario è un detonatore incredibile di potenziali sofferenze indicibili, sentirsi invece entusiasti e soddisfatti per il proprio ruolo sociale è più che un fattore protettivo, poiché è a partire anche da questa condizione che si può far leva per sviluppare la propria forza reattiva e ricostruttiva.

4. Dunque, essere resilienti, se da una parte si lega inevitabilmente all’oggettività della condizione in cui si versa; nel senso che la presenza tangibile di risorse e opportunità può favorire o meno l’insorgere della risposta resiliente, questa stessa è al tempo stesso in larga misura dipendente dall’attitudine e dall’impegno di ciascun individuo a voler intraprendere un cammino di fronteggiamento in cui superamento della sofferenza è ben più che semplice distruzione della stessa.
Per ritornare alla fisica, con cui ho aperto questo capitolo, anche la sofferenza non si crea né si distrugge ma si trasforma, e con essa la resilienza, ed entrambe procedono avvinghiate a determinare il ben noto cammino dell’individuo umano, caratterizzato da questo dinamico doppio flusso.

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