Counseling pittorico

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urlo di munchEdvard Munch, pittore norvegese, è noto ai più per l’opera “il grido”. In realtà Munch dipinse più versioni del quadro quasi a voler ricercare “l’urlo” della propria angoscia. In effetti osservando il dipinto viene quasi spontaneo associarvi un suono. E’ un suono interiore che spesso nei colloqui di counseling non riusciamo a cogliere in quanto inespresso. E’ un’opera che si presta come spunto per leggere la propria storia perché veicola l’interrogativo circa l’origine del grido. Ognuno di noi ha un grido proprio che vorrebbe esprimere e rielaborare. La comprensione dell’origine e del significato del grido sono inscritti nella propria biografia. L’escursus biografico di Munch è emblematico di tale concetto. Altre sue opere sono espressione di una vita costellata di lutti e dolore, rielaborati in chiave artistica. Leggere Munch per un counselor è estremamente istruttivo e coinvolgente, è una palestra di esercizio mentale che può ispirare soluzioni creative nel lavoro d’aiuto.

 

 

La distorsione delle figure operata da Egon Schiele, pittore austriaco dei primi anni del 1900, colpisce per la sua esplicita eroticità. Schiele dipinge le pulsioni umane così come sono, senza interferenze. Nella maggior parte dei ritratti infatti non c’è sfondo e le figure sono ridotte all’essenziale, all’anoressia estetica. Schiele rappresentò ossessivamente se stesso negli autoritratti rivelando la propria alienazione dalla società del tempo. Nei quadri esprime la decadenza della Vienna asburgica. Morì giovane a 28 anni. Spesso molti pazienti si sentono alienati, estraniati dal contesto sociale. Come non vedere un legame con il vissuto dell’anoressia? Molte persone anoressiche vivono estraniandosi dal sociale, riducendo il loro corpo come i corpi di Schiele. Per emergere va abolito lo sfondo rappresentato dal mondo delle relazioni, del vivere quotidiano. Ridursi all’osso per rendersi visibili e suscitare una domanda negli altri.

 

Nel mio ufficio ho posto alcune stampe di quadri di Salvador Dalì. Un artista eccentrico ma che ha certamente suscitato numerosi interrogativi. L’intera opera di Dalì si presta ad essere strumento di un counselor perché concede libertà interpretativa. Dalì soleva dire di applicare alla sua pittura il metodo paranoico-critico definito da lui medesimo “método espontáneo de conocimiento irracional basado en la objetividad crítica y sistemática de las asociaciones e interpretaciones de fenómenos delirantes”. L’inconscio ha largo spazio nella pittura di Dalì ma è anche patrimonio di ogni persona. Dare voce all’inconscio, sistematizzarlo e rielaborarlo non è operazione semplice e scevra da rischi. Ma a volte è necessario per portare alla luce le nostre ombre che spesso guidano pensieri ed azioni che risultano incomprensibili agli altri.

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