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Vivere nel qui e ora, è ritrovare il futuro

Inviato da Giancarla Mandozzi

Vivere nel qui e ora, è ritrovare il futuro

           Che cosa manca più di ogni altra cosa al mondo in cui viviamo? In molti si affannerebbero a sostenere che il nostro è il mondo del benessere, in cui non ci manca davvero proprio nulla e anzi disponiamo a piene mani anche del superfluo. Certo, una gran parte dell’umanità non ne gode e continua ad essere afflitta da carestie, scarsità di alimenti e risorse fondamentali, da malattie che, da tempo, per noi sono divenute curabili o addirittura scomparse, e per questo è diffusa convinzione che la nostra società sia più sviluppata, più avanzata rispetto a quelle di altri Paesi nei quali troviamo quindi giusto esportare il nostro modello di vita. Non c’è dubbio che la situazione economica e le opportunità di conoscenza oggi sono realtà per una vasta parte della popolazione, ma il benessere economico e le conoscenze sono sufficienti a dare senso alla nostra vita? Siamo consapevoli che la qualità della nostra vita dipenda ancor più che dalle effettive situazioni dal come ci siamo educati ad analizzarle, a comprenderle, a risolverle, ad accettarle o rifiutarle. Il senso che assume per noi il vivere dipende da se, quando e quanto riusciamo a prendere atto del qui e ora, con uno sguardo consapevole sul nostro Passato e un animo aperto al Futuro.

Quanti tra noi hanno consapevolezza che quel saggio proponimento del vivere nel qui e ora è stato travisato e distorto a momentaneo interesse per un frammento di Presente, accostato e mai integrato con altri frammenti destinati a non lasciare che una traccia confusa  mentalmente ed emozionalmente, come un  carosello  di istantanee scattate quasi mai da noi e da altri pilotate? È questo che desideriamo, è questo che sognavamo nei momenti in cui progettavamo la nostra vita?

Misurare la consistenza della nostra intima soddisfazione, gratificazione, del nostro entusiasmo, della nostra creatività, ci rimanda la sensazione di una nostra grande povertà, di tante privazioni e assenze.  

           Se, allora, torniamo a chiederci che cosa più ci manca oggi, scopriamo che è proprio il percepire il nostro essere nel tempo, nel fluire del tempo, attraccati come siamo a porzioni di Presente avulse da ogni legame: né un prima, né un dopo ad ampliare l’impronta di ogni esperienza nostra che resta bloccata in se stessa e isolata. Talvolta, i ricordi emergono, senza che lo vogliamo, dal Passato per acuire in negativo sensazioni di confusa amarezza, per diminuire ancor più la nostra autostima e quindi con rabbia, per ricacciarli indietro velocemente, ci tuffiamo anima e corpo in qualche momentanea occupazione presente.

Dunque, del Passato vogliamo liberarci, ma ciò che proprio non vediamo e dunque è quel che più ci manca è il Futuro. Probabilmente è un’ennesima contraddizione in termini: nel mondo della tecnologia, del futuribile, del virtuale, della scienza che va realizzando ciò che credevamo fantascienza fino a pochi decenni orsono, non siamo in grado di veder-ci nel futuro. Riusciamo a immaginare mondi alieni, civiltà robotizzate, l’uomo indistruttibile e bionico, in un futuro in cui sarà difficile, se non impossibile, distinguere quanto di umano e quanto di artificiale ci sarà in lui, e tuttavia, ciascuno di noi fatica a verder-si tra cinque, dieci anni, a ipotizzare che cosa farà, a sentire che cosa vorrà realizzare, a quali valori vorrà mantenersi fedele (forse perché di quei valori non ha che una vaga idea oggi?).

           Nel mondo del benessere e del progresso, omologandoci al flusso dei più numerosi, sensibilizzati/condizionati dai media, abbiamo enucleato da noi l’esigenza di chieder-ci che cosa desideriamo, quale sia la nostra identità, che cosa vogliamo progettare prima ancora che per il domani, magari solo per domani. Gli affannati discorsi su come progettare …il fine settimana, le vacanze estive o quelle invernali, sono altro; prima ancora che il cosa fare,  chiediamoci che cosa ci motiva, quali sono le scelte che ci appaiono giuste per noi, quali traguardi progressivi ci impegniamo a inseguire e forse trascorrere qualche fine settimana ascoltandoci anziché rincorrere nuove esperienze tanto per dire: “io c’ero!”, ci restituirà energia e con l’energia anche l’entusiasmo di un nuovo domani.  Come meravigliarci se le nuove generazioni ignorano ogni Prospettiva per il Futuro: abili imitatrici, come quelle del passato, dei modelli offerti dagli adulti, non trovano in noi traccia di slanci per il Futuro, bensì soltanto attenzione ansiosa per il vorticoso e caotico Presente, senza radici e senza conseguenze.

           Il cammino da intraprendere, ancora una volta, è quello che ci conduce verso …noi stessi, in netta controtendenza con il mondo che ci spinge verso l’esterno già pronto e costruito, facile da acquisire, come un omogeneizzato, sì proprio come cibo per chi perché bimbo, non è ancora autonomo, o non lo è più, ma forse non lo è mai stato.

           Da ciascuno di noi ripartiamo; attingendo alla nostra tendenza attualizzante, riapriamo le porte al futuro di un sentire profondo e generoso, verso noi stessi e verso gli altri, un futuro che in questo presente, nel qui e ora si sostanzia, si scrive e si ri-trova, perché nulla di ciò che viviamo in ogni momento scompaia ma si faccia esperienza di autentico nutrimento interiore. È possibile.

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

                       

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