Breve nota sulla “differenza tra il Counseling ed altri tipi d’interventi rivolti alla persona”


differente

 

 

Il termine couselling di origine anglosassone, viene d’ora in poi trascritto con una sola “elle” “counseling” secondo un più moderno e internazionale sinonimo tratto da bibliografia statunitense del settore.

Il counseling si differenzia da altri tipi di interventi quali quelli finalizzati ad offrire solidarietà amicale (be-friendling), consigli (advice), orientamento (guidance) e infine a quelli a cui si fa riferimento ad abilità di counseling (counselling skills) (Russel, Dexter e Bond 1992)

 

  • Nella solidarietà amicale, gli interventi vedono l’operatore assumere il ruolo di amico nei confronti del soggetto socialmente isolato,  a questo sarà offerto sostegno pratico ed emotivo, con la finalità d’incoraggiarlo a continuare le azione intraprese. Questo tipo d’intervento non viene svolto in un setting vero e proprio, ovvero in uno spazio e tempo precostituiti.
  • Gli interventi volti al consiglio, si basano su consultazioni brevi, con la finalità di dare informazioni dettagliate e precise, servono ad indirizzare ed indicare.
  • L’orientamento, vede inserito in esso tutti quegli interventi che richiedono una serie prolungata di consultazioni, nelle quali il cliente è aiutato nell’esplorazione di un problema. Vengono fornite informazioni appropriate ed accurate e si danno suggerimenti e sostegno su come utilizzare le stesse.
  • Le abilità di counseling, sono utilizzate da varie figure professionali, che impiegano abilità comunicative e sociali che sono coerenti con i valori, i modelli e gli obbiettivi propri del counseling, rispetto, attenzione e accettazione incondizionata dell’altro. Queste abilità sono acquisite da vari operatori per meglio offrire le prestazioni richieste (vedi medici, infermieri, insegnanti)

La British Association for Counseling (BCA), nello sforzo di giungere ad una definizione corretta che consenta di distinguere il counseling da altri tipi di intervento prima descritti, ha affermato: E’ possibile riconoscere un setting di counseling, quando un operatore, che occupa regolarmente o temporaneamente il ruolo di counselor offre e acconsente di offrire esplicitamente, attenzione e rispetto ad una o più persone che si trovano temporaneamente nel ruolo di cliente. Le centralità di questa definizione è “offre  e acconsente di offrire esplicitamente”. La National of young People Couselling and Advisory Service, sull’avverbio “esplicitamente” descrive il counseling, come un intervento che richiede di operare in modo collaborativo con le persone attraverso l’uso esplicito di una relazione stabile, se pur diversa per costituzione e finalità da quelle amorose e quindi destinata alla separazione, al fine di raggiungere un determinato cambiamento auspicato dal cliente, questo sarà raggiunto aiutandolo a sviluppare quella comprensione della propria esistenza e a progettare e portare a termine le azioni intraprese. Nel couseling è previsto l’impegno da parte del counselor nel sostenere il cliente nello sforzo di affrontare gli aspetti dolorosi e difficili della propria esistenza (N.A.Y.P.C.A.S. 1989).
L’esplicitare questo contratto distingue quindi, il counseling da ogni altro tipo d’ intervento spontaneo di aiuto.

Anche in Italia si sta cercando di dare una chiara definizione di Counseling, ciò risulta molto difficile, anche perché non è facile trovare una traduzione corretta del termine nella nostra lingua e dalla letteratura ad oggi disponibile emerge l’eterogeneità e la confusione circa la definizione del Counseling (Cfr. Di Fabio 2005). Secondo un’indicazione presa per buona, il counseling è definito come un insieme di tecniche, abilità ed atteggiamenti utili per aiutare le persone a gestire i loro problemi attraverso l’uso consapevole delle loro risorse (Reday 1994). L’OMS, parla di counseling, in termini di processi decisionali, di problem solving, che coinvolge un counselor e un cliente, dove il primo aiuta la persona a risolvere  e a controllare problemi, bisogni e disagi, attraverso il colloquio e la interazione, è dunque un processo  intenso, focalizzato, specifico e limitato nel tempo (OMS,1989).
Per ovviare al problema di fantasie di onnipotenza che potrebbero interessare i counselor rispetto al loro intervento e al carico di aspettative versato verso lo stesso dal cliente alcuni autori hanno cercato di dare un caratterizzazione a questa figura professionale: il counselor non possiede nessuna risposta, è chi si rivolge a lui semmai che ha le sue. Il counselor cerca di aiutare, chi si rivolge a lui a misurarsi con queste risposte, cercando di trasformarle in opzioni concretamente percorribili. Il counselor ha il ruolo di facilitare il lavoro del cliente rispettandone i valori, le risorse personali e le capacità di autodeterminazione (Fransella- Dalton, 2007; Burnard, 1994). Sebbene infatti, il counselor aiuti il cliente nel raggiungimento dei propri risultati, egli non ne ha il controllo: sono i clienti a possedere la maggiore responsabilità sulla produzione e sulla qualità dei risultati ottenuti (Egan, 1994).

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