Counseling: cambiare, crescere, essere riconosciuti


Ascolti di Vita per cambiare direzione

 

Lo psichiatra Victor Frankl, fondatore della logoterapia, sosteneva che «Quando ci troviamo davanti ad una situazione che non possiamo cambiare, la sfida consiste nel cambiare noi stessi». Ne consegue che la parola chiave per ogni evoluzione è "cambiamento". Ma cambiare significa lasciare la propria zona di confort e avventurarsi in territori potenzialmente faticosi da percorere. Il counselor ha il compito di ascolare e di accompagnare i passi verso il cambiamento aiutando ad illuminare la strada.

 

Cambiamento come opportunità

Ogni persona nella propria vita si è trovata di fronte a cambiamenti, alcuni spontanei e consequenziali altri più complessi e bloccanti.

Ogni persona è stata aiutata a crescere a partire dal contesto familiare per giungere al contesto relazionale più ampio.  Anche se alcuni “gesti di aiuto” non sono stati molto efficaci, in alcuni casi persino fallimentari, il fatto di essere stati immersi sin dalla più tenera infanzia in un ambiente “denso di relazione d’aiuto” ha finito per creare una sorta di “imprinting comportamentale” che ha spinto più verso la dipendenza affettiva e l'egoismo oppure più verso l'indipendenza e l'altruismo.


Riconoscere per risonoscersi

Ma, in fondo in fondo, ogni persona, anche il narcisista, ha in sé il profondo desiderio di restituire ciò che un tempo ha ricevuto, in fondo ognuno ha bisogno di una relazione profonda con l'altro.  Riconoscendo il bisogno dell’altro ci si riconosce a propria volta bisognosi di attenzione e di riconoscimento.[1]

 

Ottenere "carezze affettive"

Nel linguaggio dell’Analisi Transazionale, Eric Berne definisce qualsiasi atto di riconoscimento “una carezza”, e sottolinea che si tratta di un bisogno arcaico comune a tutti gli individui, un bisogno di stimoli sia fisici che psico-affettivi.[2]

Ne consegue che i piccoli gesti quotidiani di gentilezza, i sorrisi, le lodi, rappresentano vere e proprie carezze per chi le riceve, e indirettamente anche per chi le offre.

L'ascolto empatico

L’ascolto di una persona bisognosa - ma chi non ha bisogno di essere ascoltato? - rappresenta quindi una grande carezza, un gesto terapeutico in senso lato, in grado di lenire molte ferite e di ridonare senso all’esistere. Infatti spesso si devono affrontare situazioni esistenziali, lavorative, familiari e relazionali molto faticose, verso le quali ci si sente inermi, stanchi e scoraggiati. È il momento di chiedere aiuto a chi sa ascoltare senza giudicare, sa ordinare il presente e sa aiutare a trovare soluzioni per il futuro. Entra in gioco il counselor, un consulente relazionale che sarebbe più utile definire come “un ascoltatore di vita”.

Ascolto psico-costruttivo

Infatti ascoltare è sempre psico-costruttivo, mentre parlare può anche essere psico-distruttivo: questo concetto può essere ben esemplificato dal famoso detto “ne uccide più la lingua che la spada”.

Ma come realizzare un ascolto attivo diverso da un sentire passivo e da un parlare invasivo? Un ascolto che sappia farsi prossimo senza opprimere, che sappia stimolare senza imporsi, che sappia guarire senza voler essere guaritore a tutti i costi?

A tutte queste domande cerca di rispondere il “counseling”, una relazione d’aiuto professionale basata sull’ascolto empatico e non giudicante, che presuppone considerazione positiva nei confronti dell’altro con lo scopo di accompagnarlo alla scoperta e all’attivazione delle proprie risorse rispetto al problema portato.

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[1] Giorgetti Fumel M. (2002), Prigioniero volontario. La responsabilità soggettiva nella sofferenza, Armando Editore, Roma.

[2] Vann J., Ian S. (1987), L'analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani, tr. Salvatore Maddaloni, Garzanti Libri, Milano, 2000.

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