NON RIMANDARE A DOMANI CIO’ CHE PUOI FARE… DOPODOMANI. Incerti e procrastinatori

Inviato da Nuccio Salis

rinviare

Assumersi delle responsabilità e adempiere a funzioni più rigorose e impegnative può rivelarsi una delle più esperienze più destabilizzanti, in quanto destruttura l’immagine di sé e costringe ad una complessiva rivisitazione delle modalità attraverso cui siamo abituati a percepire noi stessi, il mondo delle relazioni e la generale valutazione che attribuiamo alla realtà che ci circonda.

E’ questa la ragione principale che eleva un imponente livello di resistenza al cambiamento, anche qualora tale processo fosse qualcosa di desiderato e ricercato volontariamente. Di fronte a questo scenario di non facile gestione, vi si ritrova una consistente parte di soggetti i quali preferiscono optare per un comportamento atto a rimandare quell’appuntamento vitale che richiede di prendere decisioni definitive, di considerare anche i rischi e i costi della risposta, in quanto le nuove azioni strutturate rappresentano spesso un cieco salto nel buio e nell’ignoto, in quanto intrise anche di azzardi e possibili perdite di comodi agi e  privilegi percepiti.

Dinanzi a scelte che potrebbero ribaltare abitudini, credenze e convinzioni consolidate, l’atteggiamento che si osserva per la maggiore consiste nel temporeggiare per ritardare l’incontro con la scelta e con quanto si possa essere pianificato intorno alla stessa. Per giustificare la bontà di tale comportamento, intervengono anche meccanismi automatici di difesa atti alla conservazione di ciò che è già noto, ripetuto e immutabile, col fine di non modificare il nostro repertorio di abitudini e rituali acquisiti.

Uno fra questi processi potrebbe consistere nel modificare le attese immaginate in termini di effetti delle proprie azioni: il soggetto cioè disinveste sulle aspettative e i propositi positivi e comincia ad auto-convincere se stesso che la sua prestazione non potrà essere efficace, e che anche qualora fosse eseguita con attenzione, puntualità e correttezza, si sperimenteranno sentimenti di insoddisfazione e delusione.

Tale atteggiamento è piuttosto comune e comprensibile, se consideriamo le paure più ataviche e profonde dell’essere umano; anche se al generale profilo psicologico vanno aggiunte caratteristiche e requisiti che possono rendere la transazione trasformativa ancora più rallentata durante questo passaggio.

Fra questi elementi personologici si possono annoverare:

 

I ) Carente senso di autoefficacia: il soggetto si lascia avvincere dalla convinzione di non possedere sufficienti e adeguati strumenti per poter affrontare un compito problemico.

 

II ) Ansia da prestazione: il soggetto prova un blocco di fronte alla prova che è chiamato ad affrontare. E’ connotato specificamente da previsioni catastrofiche circa i risultati delle proprie azioni.

 

III ) Conflitto fra statusinformale e ruolo normativo: nel senso che il soggetto, nell’acquisire e sviluppare un nuovo ventaglio di competenze e abilità, da una parte paventa il rischio di non poter più essere riconosciuto come colui che, grazie al suo tipico comportamento amicale, riscuote l’approvazione e il consenso degli altri, conservando la tenuta dei suoi legami interpersonali. Crescere può significare anche lasciare compagnie e rapporti che faticherebbero a percepirci dentro una nuova configurazione di noi stessi in termini sia di pensiero che di azione.

 

IV ) Impulsività: particolarmente presente e attivabile in tutti quei soggetti che assumono decisioni immediate, condotti dal sentire del momento, senza sottoporre l’analisi dei probabili effetti a un’accurata riflessione più ponderata e pianificata. Tali individui difettano di competenze intrapersonali quali l’autocontrollo e l’autoregolazione. Si tratta di coloro ai quali vengono spesso attribuiti schemi comportamentali descritti secondo i processi dell’acting out.

 

Sulla base di tutte questo elenco e delle considerazioni che lo precedono, si possono stimare almeno due tipologie di procrastinatori irriducibili:

 

a ) I non funzionali: cioè coloro che si attardano in modo ormai disinvolto nell’affrontare i loro impegni e progetti, e che più facilmente occupano il loro tempo in modo improduttivo e quasi esclusivamente ludico. Si tratta di una categoria che potremmo chiamare di “rimandatori seriali” o radicali, che preferiscono temporeggiare fino a definire un approccio più che leggero e oltremodo superficiale circa la loro funzione di soggetti potenzialmente costruttori di nuovi significati.

 

b ) I semi-funzionali: fanno parte di questo gruppo coloro che faticano a rispettare gli impegni anche condivisi con altri, arrivando in ritardo agli appuntamenti, mostrandosi poco partecipi e corresponsabili o sbrigando le faccende che gli spettano in maniera non costruttiva e non rispettosa per gli altri. Insomma, fanno poco e fanno male, col proposito più o meno inconsapevole di sabotare i piani altrui. Tale ragione è anche legata al fatto che conservano una rappresentazione di loro stessi come testimoni non attendibili del cambiamento, descrivendosi spesso come in capaci di ingegnarsi in coraggiosi percorsi di crescita, sintetizzandosi nella classica asserzione “ormai sono fatto così”, attribuendosi la mancanza di capacità rivolte ad una progettazione che riqualifichi la loro esistenza in chiave progressiva ed evolutiva.

L’intervento di counselingche potrebbe rivelarsi più adatto, richiama sia l’incremento circa la conoscenza su tali meccanismi, che implicherà guidare il soggetto a riconoscerli nelle proprie dinamiche, e sia una proposta più concreta di attuazione in riferimento a strategie che prevedono l’organizzazione di compiti sequenziali in catene più semplici e graduali (task-analysis).

Questo auspicio potrebbe migliorare l’incremento delle proprie capacità di fronteggiamento e problem-solving, attualizzando l’attitudine insita in ciascuno di noi di ricostruire l’orizzonte di una nuova realtà più agevole e foriera di una rinnovata e potenziata autonomia di sé.

 

dott. Nuccio Salis

Potrebbero interessarti ...