una peculiare versatilità nel counseling ad approccio umanistico pluralistico integrato 5


una peculiare versatilità nel counseling

            ad approccio umanistico pluralistico integrato,

n.5 l'orientamento sistemico relazionale

il fiume modella le sponde e le sponde guidano il fiume", Bateson, Verso un'ecologia della mente, 1976

"Prive di contesto, le parole e le azioni non hanno alcun significato. Ciò vale non solo per la comunicazione verbale umana ma per qualunque comunicazione, per tutti i processi mentali, per tutta la mente, compreso ciò che dice allanemone di mare come deve crescere e allameba cosa fare il momento successivo. La relazione viene per prima, precede."  (dal memorandum collocato in appendice di Mind and Nature, A Necessary Unity. Dutton, New York; trad. it. Mente e natura, 1979). 

 

 

 

 

Al posto di un mondo popolato da “io” isolati e ben definiti, G. Bateson dunque enuncia ed esplora comunità circolari e comunicanti di soggetti che esistono in quanto sono in relazione con altri soggetti. Il “cogito ergo sum” cartesiano viene così sostituito dal “penso dunque siamo” e le modalità conoscitive vanno perciò comprese con linguaggi inediti, ancora da inventare. Linguaggi che non seguono contrapposizioni dualistiche (natura-cultura, mente-corpo, individuo-società, io-tu, etc.), ma si esprimono nella “danza” interattiva della relazione, che si nutre del contributo di tutti i suoi componenti e, «come ogni olismo serio, si basa sulla premessa della differenziazione e dell‟interazione delle parti» (Bateson 2008).

            Ancora una risorsa per il counselor formato all'approccio umanistico pluralistico integrato, l'orientamento sistemico relazionale che trova il suo essenziale riferimento in Gregory Bateson, antropologo, etologo, cibernetico,  innovatore nel campo della psichiatria pur non essendo psichiatra, studioso delle forme di comunicazione e della morfologia del mondo vivente,  figlio di William Bateson, uno dei padri della genetica. In ogni relazione interpersonale, le singole identità vivono un rapporto di interazione con le altre e con il contesto ambientale, pre-condizione del processo interattivo che si esplicita nel tempo, proprio attraverso l’incessante interazione reciproca. Come per il suono di uno strumento rispetto all’insieme di una sinfonia, l’esser-parte di un contesto non è un esser-determinato dal contesto, bnesì è un esser parte creativa, co-generatrice, insieme e in relazione con le altre, circolarmente, dello stesso contesto di cui è parte.

 

            Pensieri, azioni e re-azioni che qualificano il qui e ora e il focus del problema sono in connessione e in interazione con il mondo delle complesse e multiformi relazioni, tra identità diverse e di ciascuna di esse con il contesto e il counselor ne terrà conto per raggiungere un obiettivo che è essenziale al suo ruolo e senza il quale  ogni intervento risulterebbe inefficace: l'alleanza operativa con la persona in aiuto. Solo tenendo ben presente il contesto e le molteplici interazioni il counselor può crearla e mantenerla fin dal primo contatto, ad ogni colloquio e per l'intero percorso di crescita. Già in quei pochi attimi in cui il counselor è chiamato a spiegare in che cosa consista il proprio ruolo e quali opportunità, quali contributi al bene-essere il counseling può offrire, si consolida l'alleanza operativa con la persona in aiuto,  creando un clima di reciproca fiducia, cominciando lui per primo ad accogliere senza giudizio la persona in aiuto, mostrando fiducia nelle possibilità di riuscita dal problema così che, a sua volta, la persona provi o ri-trovi fiducia in se stessa, nel counselor e gradualmente negli altri. Tale fiducia è condizione  essenziale perché ciascuna persona in difficoltà possa disporsi autenticamente non solo a chiedere bensì ad accettare un aiuto e soprattutto a coinvolgersi attivamente nella propria crescita.

Come counselor vorremmo certo evitarlo, ma non è raro che invece la richiesta di aiuto ci venga posta da chi, convinto che a noi spetti offrirgli/le la soluzione al proprio disagio, non è affatto disponibile a coinvolgersi e ad attivarsi. Anche in queste difficili situazioni,  il counselor proprio per ruolo di facilitatore/agevolatore che lo caratterizza,  osserverà e terrà presente con la massima attenzione le difficili circostanze ambientali e sociali in cui la persona in aiuto si trova e su questa attenzione creerà quel rapporto di empatia e alleanza operativa, in un intreccio di conoscenza emotiva e razionale.

L'attenzione del counselor alla relazione e al contesto mira a facilitare processi di cambiamento, a rinforzare percorsi evolutivi e a migliorare la qualita' della vita, valorizzando sia le risorse sia le relazioni stesse della persona in aiuto con l'ambiente circostante e certamente con le dinamiche relazionali del proprio sistema familiare.

 

            Gli studi di Bateson sui processi della comunicazione, in particolare quelli della comunicazione familiare, sono essenziali per avvicinarsi con proprietà ed equilibrio proprio alle importanti implicazioni dei rapporti tra componenti della famiglia che la scuola di Palo Alto, da Bateson fondata, approfondì poi spostando definitivamente l’interesse per le problematiche e disfunzioni all'interno della famiglia  dai contenuti verso i processi e i pattern. Osservando i rapporti tra i soggetti che la compongono la famiglia appare come un "sistema" cibernetico, nel quale infatti ogni azione  è seguita da una retroazione (feedback): l’ informazione che giunge da una data azione viene o meno ricorsivamente reintrodotta nel sistema e consente al sistema stesso di regolare l’attività successiva modificandola.

            Per il counselor che non di rado si trova a decodificare condizionamenti e convinzioni della persona in aiuto che hanno origine familiare, questo è terreno fertile di grande aiuto.  

Tra i tanti filmati di e su Gregory Bateson, segnalo:

https://www.youtube.com/watch?v=XLuADL0ssnc

https://www.youtube.com/watch?v=IDk7HkA-cCA

 

            Con il riferimento alla complessità del mondo relazionale, concluderei queste riflessioni sulle risorse del counseling ad approccio umanistico pluralistico integrato, non perché siano queste le più importanti, tanto meno perché reputo siano sufficienti: come non considerare gli autorevolissimi esponenti della Scuola di Palo Alto, come ignorare Thomas Gordon e le barriere della comunicazione, solo per citare esempi. Questo è il nodo essenziale su cui intendevo soffermarmi e che mi auguro di aver evidenziato: ciò che fa di ogni proposta, ancor più se di un grande maestro,  una risorsa è la nostra competenza di counselor di scegliere quale sia il momento più opportuno per ricorrere ad essa.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

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