empatia, il terzo occhio per il... nostro Benessere


empatia per il... nostro Benessere

 

Stu: Guarda che sono loro quelli che mi hanno picchiato!
Stephen: Lo so chi sono, figliolo.
Stu: Allora perché gli hai dato lo zucchero filato di mamma e Lidia? 
Stephen: Perché avevano l’aria di chi non riceve un regalo da parecchio.
dal film The War, 1994 diretto da Jon Avnet
        

 

 

            Nella professione di counselor abbiamo certamente sperimentato come "calarsi nei panni dell' altro"sia una condizione difficile da raggiungere e  anche se molti  pensano che riuscirci sia una questione di tecnica da apprendere, magari frequentando Corsi che insegnano il “rispecchiamento” oppure “l’ascolto attivo”, siamo ben consapevoli che non si tratti di semplice tecnica. Calarsi nei panni dell'altro, significa provare autentico, leale profondo rispetto per l’esperienza altrui, anche e a maggior ragione quando questa è completamente diversa dalla nostra; è regalare qualcosa a persone che fino a due minuti fa si stavano prendendo gioco di noi, voltarsi velocemente e andarsene, senza aspettarsi nulla in cambio.

            La chiamiamo empatia, altro che il prodotto di una tecnica, o dell’adulazione e con un'immagine suggestiva, potremmo vederla come il terzo occhio, quel punto di vista che è altro dal mio e da quello del mio interlocutore.

 

            Non meravigliamoci, dunque se chi fa dell'empatia una mera questione diciamo di captatio benevolentiae, da ingenuo neofita, appena ultimato un Corso, si atteggia a piccolo Buddha e, poi, in men che non si dica si ritrova a sostenere la regola dell'  “occhio per occhio, dente per dente”.

            L’empatia non è finalizzata semplicemente al raggiungimento di un obiettivo comunicativo e ciascuno di noi  -non soltanto il formatore, l'educatore o il counselor-  può provarla solo se coltiva un obiettivo alto, un bisogno che va al di là della quotidianità e fondato sul valore della dignità umana, nella convinzione tenace di costruire una società in cui ci si  immedesima gli uni negli altri per capire se stessi e gli altri e sentirsi elevati. È questo il più profondo Benessere che ciascuno di noi può regalarsi: sentirsi capace di comprendere sé e l'altro in  una condizione di autentica libertà, libero cioè anche dalla eventuale insensibilità dell'altro.

Comprensione empatica dei propri e altrui sentimenti è riconoscere la natura dei sentimenti umani e permette una consapevolezza più ampia delle esperienze e delle relazioni. Questa abilità emotiva ci consente di uscire dalla rigidità interpretativa dei giudizi di valore e ci apre all'esperienza del perdono. Se imparassimo a riflettere più spesso sul perdono di cui talvolta crediamo di poter andare fieri, scopriremmo che la radice etimologica di per-dono, per-donare ci richiama esattamente a: per= prefisso intensivo, indicante compimento,  che dà forza al termine a cui è accompagnato + donare, dunque donare completamente. Il perdono è il dono che consapevolmente facciamo, mettiamo in atto verso noi stessi (per assolverci da un errore) o facciamo all'altro per comportamenti che ci hanno ferito; se siamo veramente capaci di tale dono, allora e soltanto allora ci sentiremo LIBERI da ciò che ci ha inflitto tormento.

Vivere empaticamente ci dona Benessere dandoci la capacità di comprendere la nostra sofferenza e la sofferenza dell'altro, le nostre e le altrui difficoltà, i nostri valori, i nostri limiti come i valori e i limiti dell'altro.

Trattasi di una capacità che, come sempre accade, è resa possibile dalla conoscenza; in questo caso conoscenza dell'altro che si attiva solo se:

1.     sospendiamo il giudizio

2.     diamo voce all'altro

3.     ritorniamo in noi stessi liberati dalla soggezione all'altro.

Gli indiani d’America dicevano:

Prima di giudicare cammina nei suoi mocassini per tre lune.
Friedrich Nietzsche (1844 - 1900) ha affermato: 

Tutto ciò che è fatto per amore è sempre al di là del bene e del male.     

        La capacità empatica permette di leggere e capire non solo le emozioni che le persone esprimono a parole, ma anche quelle che, più o meno consapevolmente sono espresse con il tono di voce, i gesti, l'espressione del volto e altri simili canali non verbali.

            Certamente, comprendere i sentimenti, le esigenze e gli interessi altrui non significa  dimenticare i propri. Al contrario, la vicinanza con i sentimenti altrui, nel rispetto delle diversità individuali e della propria soggettività, ci offre l'opportunità di crescita personale e sociale, allenando le nostre abilità nella comunicazione efficace, nella gestione dei conflitti, nella costruzione dei legami, nella capacità di leadership e nella possibilità di lavorare con gli altri.

            Il Benessere non arriva a noi dall'esterno ma piuttosto da come noi stessi ci coltiviamo interiormente e vivere empaticamente è proprio la strada che ci conduce all'autorealizzazione e dunque promuove e rinforza tutti i livelli del nostro Benessere, un benessere che si nutre di autostima, ovvero dell'accettazione del processo di trasformazione del proprio Sé. Accettare se stessi è accogliere le proprie imperfezioni con benevolenza. Accettando consapevolmente i nostri limiti, smettiamo di combattere inutilmente e quindi possiamo utilizzare l'energia, a nostra disposizione, in maniera più produttiva e soddisfacente, abbandonando il passato per vivere consapevolmente per se stessi nel presente, nella prospettiva di un futuro migliore.

 

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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