"Autorità", "Rappresentatività", "Carisma": riflessioni sulle qualità per un leader efficace

Inviato da Nuccio Salis

buon leaderL’espressione “leader” viene spesso connotata di svariate sfumature semantiche. Può essere inteso come termine descrittivo di una guida autoritaria, riconosciuta come capo supremo, per timore o compiacenza più o meno conclamata. Può assumere anche l’attributo di una figura atta a dirigere, sulla base di competenze riconosciute, un gruppo formale orientato ad un obiettivo condiviso fra i membri. Esiste poi l’immagine del leader come figura carismatica, dotata di una particolare ascendenza in grado di sedurre folle e creare seguaci, o perfino culti con tanto di adepti.

 

Sono comunque emerse tre tipologie importanti di leadership: in primis autoritaria; si tratta in genere un comandante militare, un despota che detta le sue condizioni, che invia ordini che devono essere eseguiti senza alcuna possibilità di replica. È una figura accentratrice, che stabilisce la natura e la ragione dei suoi progetti, i quali possono soltanto essere eseguiti, pena spiacevoli e severe conseguenze per gli oppositori. Questo tipo di leader, usa gli altri asservendoli ai suoi scopi, creando col tempo malcontenti, congiure, ed inimicandosi tutti coloro che non ne sopportano più la tirannia.

Il secondo modello che è emerso riguarda l’espressione di un ruolo formale, considerato rappresentativo per il gruppo del cui organigramma fa parte anche il leader medesimo. Egli può avere una funzione più o meno assolutista, da cui dipenderà il grado di partecipazione, democraticità e coesione del gruppo stesso.

Terzo e ultimo tipo di leader lo si può riconoscere in merito a quelle figure che esperiscono una forza trascinante ed unificante di un’intera comunità, popolo o cultura. Secondo riduttivi ma esemplificativi schemi archetipici, potremo anche associarvi, rispettivamente, alla prima tipologia di leadership un dittatore militare, alla seconda un dirigente di un partito ed alla terza un capo spirituale. Emergono così anche tre fondamentali attributi che delineano una sorta di “core competence” della leadership: un primo si riferisce alla possibilità di esercitare un controllo assoluto e di gestire una situazione contando sulla propria forza e sul potere a cui si è stati elevati. Chiamerò questo elemento “autorità”. Il secondo fattore verte su una funzione in grado di determinare un collante sinergico atto a mobilitare il gruppo su una linea di azione condivisa. Occorrono doti di saggezza, equanimità e responsabilità; occorre offrire palesi prove di affidabilità e credibilità, poiché maggiore è la forza edificante con cui ci si presenta al gruppo, e maggiore è l’entropia di aggregazione che il gruppo stesso sviluppa, potendosi identificare nel suo leader e riconoscersi nel suo stile comunicativo. Chiamerò questa seconda qualità “rappresentatività”.

In ultimo, la terza variabile che ritengo fondante nella costruzione di una leadership efficace è quella del potere di fascinazione in grado di esercitare naturalmente sulla moltitudine, dalla quale ottenere plauso e proseliti. Chiamerò questa qualità “carisma”.

Ora: “Autorità”, “Rappresentatività” e “Carisma” sembrano essere caratteristiche decisive per una leadership completa. Mi si potrà obiettare facilmente, e non a torto, che l’autorità richiama per la maggiore il senso di una leadership assolutista e totalitaria, che tende ad evirare il processo partecipativo dei diversi componenti di un gruppo o di una comunità allargata. Esistono tuttavia contesti nei quali è richiesta una certa rigida staticità decisionale, a vantaggio di una chiarezza univoca che non lascia spazio a confusione e dispersione. Per esempio esercita una leadership assoluta un allenatore sportivo, per esempio quello del calcio, che non consulta certo i giocatori per stilare la formazione che scenderà in campo. In quel contesto è necessario disporre di una precisa responsabilità decisionale, in grado di farsi carico di un compito che non può risentire delle correnti umorali dei vari componenti, e nemmeno esporsi soltanto al sospetto di seguire preferenze di altro ordine. L’autorità, infatti, se non consta di una caratterizzazione globale della leadership, se non ne rappresenta il suo intero modello espressivo personologico e concettuale; insomma se non è totale e totalizzante, non è disfunzionale. Ricordiamoci che una buona leadership deve anche saper intervenire con forza e senza tentennamenti in eventuali situazioni emergenziali, nelle quali il tempo di mediazione è ridotto allo zero; deve essere capace di costituire e far riconoscere limiti e confini di azione, deve immettere regole anche dal sapore impopolare, e somministrare i famosi No che aiutano a crescere. Quindi, un leader efficace, a mio invalido parere è anche autoritario, sottolineo anche, in tempi, luoghi e momenti congruenti al contesto.

In merito alla qualità della rappresentatività, credo che tale molecola della qualità totale del leader sia l’attributo su cui si gioca la percezione di affidabilità del leader stesso. Specie se un gruppo è organizzato secondo strutture democratiche e consensuali, incentrato su ipotesi di concertazione fra le varie parti. Insomma laddove si decide per lunghi dibattimenti, si intavolano argomentazioni e ci si dilunga per alzata di mano, liberi anche di defezionare. Un bravo leader deve anche saper ottenere meritoriamente i consensi, quindi mostrare di avere le cosiddette “carte in regola”. Le dinamiche complesse generate dai gruppi possono trasformare la leadership su diverse dimensioni di maggiore o minore direttività. Sviluppare la dote della rappresentatività significa, in buona sostanza, caricarsi della responsabilità di essere sempre concentrati sulla tenuta del proprio ruolo, per cui occorre essere giudiziosi, praticare l’arte della negoziazione, essere comunicatori eccellenti, franchi, disponibili, e secondo altre declinazioni riassuntive del termine: autorevoli.

In seno alla qualità del carisma, tale aspetto risulta, probabilmente, rispetto alle prime due caratteristiche annoverate, come elemento innato piuttosto che costruito dall’esperienza e dalla formazione. Il carisma sembrerebbe abitare maggiormente fra le propensioni già possedute, come struttura preformata che riguarda un’attitudine prescritta dall’equipaggiamento genetico.

Tutte e tre le caratteristiche, inoltre, paiono imperniate su un tema che tende ad accomunarle: il controllo. Essere leader efficaci presuppone la capacità di gestire persone, gruppi e situazioni, non ostentando ma possedendo realmente sicurezza e contenimento, con la quale incoraggiare, attivare problem-solving, elevare il rendimento del gruppo, mantenerne la coesione, legittimarne e seguirne i cambiamenti, anche essendo pronti a modificare la propria posizione.

Affinchè non risultino circostanze improduttive e potenzialmente deleterie, sia per la leadership che per il gruppo che la sostiene, ciascuna di queste qualità dovrà essere pensata e formata secondo una visione totale ed interdipendente fra le suddette variabili. L’autorità da sola, infatti, suscita malessere e ribellione nel gruppo, che cerca di sviluppare più o meno clandestinamente una controforza per rovesciare e delegittimare la leadership. La rappresentatività, emarginata dalle altre variabili, può degenerare in un’assenza di strategie di controllo, affidandosi esclusivamente al sostegno numerico, o ad una presunta maggioranza statistica. Tanto vale anche per la qualità del carisma, che senza curare gli aspetti legati al merito, alla concertazione, rischia di degenerare in una leadership idolatrata che può facilmente strumentalizzare una massa da cui viene investita di aspettative ad alto prezzo.

Quindi, tutto può funzionare se ricondotto all’interno di un equilibrato ingranaggio, dentro cui ogni elemento è propriamente “educato” in un orizzonte di valori il cui fine è e rimane quello del pieno riconoscimento della libertà altrui, unico cannocchiale con cui osservare le dinamiche dei gruppi secondo un approccio olistico dell’individuo. Soltanto a ragione di questo paradigma, possiamo avere la certezza di metterci a disposizione del prossimo a servizio del suo diritto ad emanciparsi e ad essere naturalmente se stesso.

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