The Human Divine


cielo stellato

Noi siamo figli delle stelle.

Così cantava Alan Sorrenti molti anni fa e così mi è capitato di cantare nei giorni in cui meditavo sull'opportunità di scrivere un libro sull'interazione tra relazioni d'aiuto e nuove scoperte scientifiche sull'energia.

La personale sincronicità che mi accompagna da tempo ha fatto sì che nei mesi precedenti la stesura del testo, io abbia avuto l'occasione di leggere ed ascoltare interviste a personaggi famosi che, seppure in modo diverso, esprimevano il concetto così piacevolmente composto in musica da Alan Sorrenti.

In particolare, tra le tante mi aveva colpito una definizione riportata da un famoso attore comico italiano durante un talk show. L'autore è Pierre Teilhard de Chardin, filosofo gesuita ed antropologo vissuto tra fine '800 e metà '900. Egli scrisse: "Noi non siamo esseri umani che vivono un'esperienza spirituale. Noi siamo esseri spirituali che vivono un'esperienza umana."

Quest'affermazione risuona potentemente in me come vera. Sono convinta che la difficoltà più grande che noi esseri umani stiamo affrontando nella nostra era super tecnologica e super "ego-umanistica" è l'aver dimenticato la nostra origine celeste o divina o qualunque sia il nostro personale concetto di appartenenza all'universo. Un'origine che ci collega indissolubilmente all'intera creazione e che noi non sappiamo più riconoscere, né ascoltare, né tantomeno accogliere ed amare.

Ci muoviamo interiormente ed esteriormente in una nebbiosa bolla di separazione, come se corporeità ed intelletto fossero altro e fossero indipendenti rispetto alla nostra essenza spirituale più profonda ed autentica. La bolla è la nostra casa e non importa quanto al suo interno la nostra visione risulti offuscata, né quanto scomodo sia vivere e muoversi in un ambiente dove ogni cosa, ogni persona, ogni avvenimento, perfino ogni valore è separato dall'altro. Essa resta comunque la casa nella quale abitiamo e nella quale immaginiamo di abitare per sempre, fino alla fine del nostro viaggio su questa terra.

E se invece non fosse così? E se invece scoprissimo che la separazione non esiste se non all'interno dei nostri paradigmi? E se provassimo, almeno per un breve istante, ad uscire dalla nostra casa/bolla e ad osservare noi stessi, gli altri, ciò che ci accade e ciò che accade nel mondo non più con gli occhi offuscati dalla nebbia della separazione, bensì con uno sguardo reso limpido dalla speranza di essere, noi umani, ben di più e ben altro rispetto all'immagine che ci viene costantemente rimandata all'interno di questo spazio limitato e fortemente paradigmatico?

Nutro la profonda - e forse per alcuni troppo metafisica convinzione - che per noi esseri umani sia giunto il tempo di ritrovare la nostra integrità di "esseri spirituali che vivono un'esperienza umana", non per potenziare il nostro ego collettivo (di per sé già abbastanza ipertrofico), bensì per recuperare l'armonia del vivere che, sola, permette ad ogni individuo di costruire, realizzare, co-creare la propria esistenza in modo appropriato.

La mia professione di counselor, scelta in tarda età ed appassionatamente amata, mi ha portata e mi porta tuttora in contatto con le difficoltà esistenziali ed emotive di persone molto diverse tra loro come età, come estrazione sociale e culturale, come tipologia di problemi. Ciò che ho imparato e continuo ad imparare durante gli incontri individuali e i seminari è che, qualunque sia il tipo di difficoltà che la persona sta attraversando, in essa alla base risuonano e vibrano sia un deficit di autostima, di fiducia ed amore verso di sé, sia un eccesso di colpevolizzazioni (i famosi e mai abbastanza sopiti commenti quali "se avessi detto, fatto, deciso…" oppure "forse dovrei fare di più, forse dovrei sacrificarmi di più, forse dovrei….forse avrei dovuto, o potuto….").

La mancanza di consapevolezza che riscontro nei miei clienti rispetto alla fastidiosa vibrazione di un "io sono" incompleto, scritto con mano incerta in lettere minuscole, è ciò che rende l'esistenza quotidiana della maggior parte delle persone un percorso ad ostacoli di volta in volta frustrante, deprimente oppure colmo di rabbia inespressa (e, quando espressa, simile alla violenta uscita di lava e lapilli da un vulcano). E ancora, incoerente, discrasico rispetto a ciò che pensiamo di desiderare, autodistruttivo o…..

Beh, a questo punto scelgo di fermarmi: lascio a ciascuno di voi l'onere di aggiungere altri sentimenti ed emozioni legate al mancato riconoscimento del "sé" come entità integra nella sua dualità di terra e cielo, di buio e luce, di potere benevolo e di potere distruttivo.

E noi counselor, formatori, educatori come possiamo trasformare lo sguardo dei nostri clienti e delle persone che ci vengono affidate, affinché lo rivolgano non più solo al limite, pur reale, dell'  umana tridimensionalità, bensì anche al potenziale infinito della lo (e nostra) origine universale?

Personalmente ho iniziato una serie di seminari (link della locandina: http://www.hopeacademy.eu/wp/wp-content/uploads/2015/10/Jpeg-Seminario-2015.jpg), a cui sono invitati anche i professionisti dell'aiuto agi altri, così che in futuro si possa creare un movimento divulgativo per raggiungere quella che io chiamo "la nuova visione dello Human Divine. Se lo desiderate, partecipate e magari in futuro cammineremo insieme verso qualcosa di nuovo. Grazie

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