Sostenibilità del Cambiamento: Quale garanzia?


changesPersonalmente credo che chiunque voglia intraprendere o già eserciti questa professione, a prescindere dalla tipologia di cliente che deve agevolare, non può evitare di porsi una domanda fondamentale, che, peraltro, afferisce sostanzialmente al mondo emotivo del cliente. La questione è: Il Cambiemento che il cliente si appresta ad effettuare è realmente ecocompatibile per lui? Agevolare questo processo rispondendo a criteri eticamente corretti fornisce, a mio parere, la migliore garanzia in tal senso. Mi resta, infatti, abbastanza difficile credere che chiunque al momento in  cui decida di iniziare un percorso di Counseling, abbia già la chiara consapevolezza di cosa significhi o, per meglio dire di quanto sia importante che l’obiettivo definito insieme al counselor di riferimento sia ecocompatibile. Chiaramente è  quasi superfluo ribadire che l’ utente, proprio per la sua posizione all’interno del rapporto dialogico, possa permettersi di non avere la minima idea  di cosa significhi, in realtà, porre in essere un cambiamento  personalmente biocompatibile.

Anzi, a ben vedere, credo che questa forma di inconsapevolezza consenta alla persona di “operare” con meno rigidità all’ obiettivo prefissato. Inoltre poiché, da un certo punto di vista l’ignoranza può risultare perfino protettiva, in questa circostanza  non essere completamente a conoscenza delle qualità che cambiamento e obiettivo devono avere per  determinare concretamente il recupero di un migliore livello della  salutogenesi personale,  consente all’ helpee di lavorare al proprio progetto in maniera molto meno rigida. Di fatto , da un lato ciò renderà l’utente più autentico consentendogli poi di seguire, secondo la propria phyisis la personale “freccia dell’ aspirazione” dall’ altro permetterà all’  helper di agevolare l’ utente in maniera molto più fluida. La determinazione è forza non  si chiede certo se l’obiettivo che vuole raggiungere sia possibile o , meglio ancora ecocompatibile col suo sistema di vita. e non è direttamente proporzionale all’età  anagrafica degli utenti.

Certo, in via generale si può dire che ognuno di noi, alla fine, agisce secondo istinti o anche, per riprendere la teorizzazione di McDougall secondopropensione ; In quest’ottica perfino l’intraprendere il percorso di una relazione d’aiuto soddisferebbe la propensione di un individuo a richiedere assistenza quando non riesce a canalizzare le risorse personali verso il raggiungimento di un obiettivo. A prescindere dall’imprinting professionale acquisito,  un  counselor sa  che chiunque  decida di intraprendere  una relazione  d’aiuto, al di là della percezione della possibilità del proprio obiettivo, ha quello, di un cambiamento inteso in un senso più generalizzato. Ed è proprio per e/o con la speranza di riuscire a modificare ciò che crea turbamento e malessere che un individuo si  manifesta la sua richiesta di aiuto. Gli antichi maestri hanno scritto   di come sia penosa,  per molti di noi, la rivelazione delle  personali “magagne”  tanto da preferire la sofferenza  piuttosto che  la rivelazione ad un esperto del nostro più intimo malessereIl testo risulta spietato e mirato alla critica più spietata alla curiosità intesa come invadenza piuttosto che come  pura ratio del desiderio di conoscenza eppure , in maniera assolutamente sorprendente e paradossale, queste righe, a mio parere  stigmatizzano, metaforicamente, le difficoltà emotive che possono appartenere a chiunque si avvii   ad una relazione di Counseling. Prese in questo senso queste righe  possono raccontare di solitudine come di vergogna di incapacità a manifestare a manifestare un’ emozione o di semplice emarginazione. Nella sua tipicità il Counseling risponde esattamente a queste esigenze prendendosi cura, nei fatti,  prima ancora che del bisogno della Speranza stessa  che il cliente ha portato da noi.

E’ stato detto che la “Speranza non è un sogno , ma un modo per realizzare i sogni”( Léon Joseph Suenens). E, personalmente credo che questa, consapevole o meno degli effetti che il suo cambiamento porterà nel suo sistema di riferimento, consapevole o meno di cosa, alla luce di ciò scegliere ed attuare un obiettivo eco-ccompatibile, la prima cosa che un utente porta all’ interno del setting, sia proprio la Speranza. Ciò  identifica la prima responsabilità etica  del counselor. L’ helpee affida al counselor la sua speranza perché lo aiuti a trasformarla in una concreta possibilità. Bisogna tuttavia non dimenticare lo sviluppo che  la nostra società ha avuto nel corso degli anni. Tale sviluppo, infatti, si è strutturato anche sulla creazione di modelli di riferimento l’ adeguamento ai quali determina, in concreto, il successo personale di ognuno. Del resto non è casuale il fatto che, paradossalmente, molte delle scienze umane contemporanee si occupino di  mettere l’ individuo, che versi in un stato di empasse, nelle condizioni più idonee per recuperare la capacità di adesione al modello proposto. In sostanza seguire un percorso di questo tipo, vuol dire attivarsi per recuperare, in tutto o almeno in parte il proprio adattamento funzionale.

A questa esigenza particolare possono rispondere i cosiddetti “interventi centrati sulla soluzione”. Gerald  Egan, ad esempio ha ideato  “un approccio all’ aiuto basato sulla gestione dei problemi e sullo sviluppo di opportunità “ proprio con l’intento di agevolare il cliente nella risoluzione di uno specifico problema. Quale sia il punto di incontro dell’ Etica e del Cambiamento all’ interno di un percorso di counseling di questo tipo è di facile individuazione. Infatti, sebbene  anche negli interventi operativi ispirati al counseling breve in azione di John Littrell, il counselor è , eticamente e deontologicamente, tenuto ad attenersi a regole ben determinate, nonché  ai patterns di riferimento stabiliti dal counseling di imprinting rogersiano,  è logico dedurre che, nello specifico l’etica del rapporto si esaurisca nel soddisfazione del cliente attraverso la promozione e il raggiungimento dell’ obiettivo possibile; peraltro, in questi casi, determinato in maniera esplicita dallo stesso cliente. Ma può esserci anche un’ altro modo di accostarsi ad una relazione d’ aiuto. Infatti, al di là di un concreto obiettivo possibile, un percorso di questo genere può essere intrapreso anche come percorso di auto- esplorazione, ossia come una sorta di  quello che, in certi ambiti, si  suole definire “il viaggio dell’ Eroe”.

Questa attitudine cambia del tutto la prospettiva con cui il cliente intraprende un percorso di counseling. E’ stato scritto che “l’ eroismo consiste, nel trovare una Verità come nell’avere il coraggio di agire sulla base di quella visione interiore.” Da questa prospettiva il counselor è colui che accompagna il cliente durante il suo viaggio. Ciò implica inevitabilmente che anche l’ helper assuma su di sé una diversa responsabilità. Rollo May  solleva ampiamente il problema morale all’ interno della relazione d’ aiuto, soffermandosi anche  sull’aspetto etico dell’ errore e su quanto sia importante che un counselor sappia accompagnare il proprio cliente in tutte le fai della ricerca personale. A ben vedere, anche questa considerazione porta a chiedersi quale o come sia determinabile il punto di incontro dell’Etica e del Cambiamento. E, così, si ritorna al quindi al concetto fondamentale diecocompatibilità.  Appare evidente, infatti che, anche nell’ambito di un setting improntato sulla ricerca , il luogo dell’ incontro tra Etica e Cambiamento risulta essere, ancora una volta, la capacità personale del cliente di sostenere emotivamente il processo di trasformazione nonché i suoi stessi effetti. 

Questa idoneità assolutamente personale, e peraltro estremamente sensibile ad ogni tipo di variabile o condizionamento in relazione rende, di fatto, un cambiamento eco-compatibile. Per rispondere ai requisiti necessari che possono portare a definire un modificazione   degli atteggiamenti personali come ecocompatibile per il nostro utente personalmente credo sia importante che il counselor ne verifichi, da un lato la consapevolezza , dall ‘altro è importante che riesca a cogliere i nessi di causalità sincronica che hanno portato un cliente a chiedergli di iniziare un percorso di counseling . Henry  Thoreau ha scritto “ per noi spunta solo quel giorno al cui sorgere siamo svegli”: credo  che pochi siano i modi per definire meglio l’importanza che nella vita di ognuno ha  l’ essere  consapevoli.  Jung, Hopdke;

,e di certo altri con loro, hanno sottolineato come la nostra consapevolezza personale si costruisca anche sulla causalità sincronica soprattutto sulla attitudine individuale di saper cogliere determinati nessi;  Buchanan, così come  tanti altri ha affrontato e studiato la questione da un  punto di vista  strettamente   fisico biologico soffermandosi ad analizzare le leggi che sottendono la concatenazioni di eventi . Comunque sia sembra  quasi che gli uni si riferiscano ad un consapevolezza animica mentre la biologia ad una consapevolezza corporea. Ma, il punto è che centro di imputazione di tutto reste sempre l’ essere umano nella sua totalità. Ora , se è vero che l’anima vede, il corpo sente e la mente spiega , quando parliamo di consapevolezza non possiamo prescindere da queste considerazioni. Proprio tenendo presente questa sorta di olistica visione della conoscenza personale,   la preoccupazione da parte del counselor della ecocmpatibilità di obiettivi e cambiamenti vuol dire, per me, preoccuparsi eticamente, non solo di quanto il cliente riesca a gestire, ma del suo tempo interiore.

Questi non sono aspetti per nulla secondari se si vuole estendere la cosiddetta analisi degli obiettivi a qualcosa che possa veramente dare una svolta significativa al livello qualitativo della Salutegenesi del nostro utente. Di certo è’ superfluo ribadire  che l’essere umano non funziona solo come unicum ma è costantemente in relazione con gli altri e col mondo in una sorta di circolare reciprocità. Perciò un cambiamento è realmente  ecocompatibile quando il cliente riesce a sostenere il rebound che ha sul sistema in cui è inserito. L’ ecobiopsicologiaiene ampio conto di ”quelle connessioni soggetive e oggettive” che pongono ogni individuo in relazione con l’ambiente che lo circonda e col mondo  e della sua consapevolezza intuitiva e sincronica proprio per agevolare e promuovere un adattamento funzionale il più ecocompatibile possibile e sempre nell’ assoluto rispetto della sua unicità. Sicuramente non è opportuno soffermarsi qui  più approfonditamente  su questi aspetti.

Inoltre non vanno dimenticati i confini  applicativi del counseling. Premesso ciò, personalmente credo che “ la consapevolezza intuitiva” sia una qualità molto utile al counselor per verificare il reale livello di consapevolezza del cliente, a prescindere da quello che viene espressamente verbalizzato durante il colloquio. Il fatto che il codice di Etica e Deontologia  imponga all’ helper di contestualizzare entro fixed patterns il proprio intervento, non significa  che non possa utilizzare la sua personale consapevolezza intuitiva come skill per agevolare il cliente nel suo percorso di cambiamento. Naturalmente è fondamentale  che il counselor  sappia mantenere il confine senza, invece trasformare la propria consapevolezza in interpretazione  poiché ciò danneggerebbe innanzitutto l’ utente ed in secondo luogo se stesso. Infatti, in tale ipotesi,  se da un lato è lecito supporre che l’ helpee possa abbandonare il percorso intrapreso, dall’ altro facendo degenerare la sua consapevolezza intuitiva nel processo razionale di una convinzione o di una valutazione, di fatto ha trasformato il confine entro il quale , secondo  precisi criteri di  deontologia ed etica, doveva svolgere il suo intervento,in un limite personale.

Il male, ha detto Einstein, non è nella cosa in sé ma nell’uso che se ne fa. Alla luce di questa considerazione  non  è plausibile sostenere che la consapevolezza intuitiva debba essere esclusa, aprioristicamente, da un setting di counseling. Responsabilità etica e morale del counselor  resta sempre e comunque la eco compatibilità del percorso di cambiamento intrapreso dall’ utente. Così utilizzare la personale consapevolezza intuitiva come tool anche solo per verificare, paradossalmente, il reale livello di consapevolezza dell’ utente, a mio parere, consente all’ helper di individuare rapidamente e con un buon margine di precisione l’intervento più idoneo ad agevolare un cambiamento ecocompatibile.

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